A Senigallia Leonardo Di Costanzo presenta “L’Intervallo” – L’INTERVISTA
Due giovani vite che si incrociano al centro di un film applauditissimo al Festival di Venezia
Una ragazza e un ragazzo in un enorme edificio abbandonato. E’ Napoli, ma potrebbe essere ovunque. Lei, Veronica, ha fatto uno sgarbo al capocamorra del suo quartiere.
Che cosa abbia compiuto di tanto grave da venir rinchiusa in questo luogo spaventoso non è chiaro. Lui, Salvatore, non c’entra niente con la camorra, ma l’hanno costretto a forza a fare da carceriere.
Parte da queste due vite che si incrociano il primo film di finzione – “L’intervallo” – di Leonardo Di Costanzo, che verrà proiettato alla presenza dell’autore al secondo appuntamento della rassegna d’essai del cinema Gabbiano, previsto per mercoledì 14 novembre alle ore 21.15.
Il film ha partecipato, vincendo sette premi collaterali, all’ultimo Festival del Cinema di Venezia (sezione Orizzonti), dove ha ricevuto ampi consensi da parte della critica (il celebre Mereghetti l’ha definito “la miglior opera italiana di questa edizione”).
Senigallia Notizie ha intervistato il regista, nato a Ischia nel 1958 e apprezzatissimo (ancor di più all’estero) autore di documentari, nell’occasione al primo lungometraggio di finzione.
Di Costanzo, da dove nasce questa nuova pellicola?
“Volevo raccontare la vicenda di due giovani adolescenti, le cui vite si incrociano improvvisamente. Due giovani cresciuti troppo in fretta che trovandosi casualmente recuperano la loro adolescenza perduta. La storia si svolge a Napoli, ma potrebbe essere ovunque”.
Perché, dopo tanti documentari, la scelta di un film di finzione?
“Con “L’Intervallo” riparto dai temi già trattati nei miei ultimi lavori, ma questa volta abbandono il genere in cui ero attivo da anni. I motivi sono puramente intimi: negli ultimi tempi ho avuto la sensazione che con quel mezzo non riuscissi più a raccontare la realtà, come se il modo con cui provavo a farlo non fosse più adeguato. Inoltre, recentemente dal documentario sono emersi molti lavori interessanti, ma questo genere ha sempre più palesato il bisogno di rispettare ad ogni costo la coerenza narrativa, in modo da venire meglio compreso e venduto. Insomma, mi sembra si sia un po’ snaturato. Ma forse, ripeto, il tutto è nato soltanto da una mia esigenza interiore”.
Che esperienza è stata lavorare con attori così giovani e alle prime prove?
“Bellissima. Noi della troupe ci siamo affidati a loro. Spesso abbiamo improvvisato, nell’ottica di un lavoro che fosse il più spontaneo e semplice possibile. Il film è nato così, con naturalezza”.
Da cosa nasce il titolo?
“L’intervallo è quella parentesi di tempo in cui i due protagonisti fuoriescono dalla loro vita abituale e scoprono sè stessi e la propria adolescenza”.
Da due mesi il film sta girando l’Italia. Con quali reazioni?
“La cosa più bella che ho notato è che ognuno reagisce a modo suo, secondo una sensibilità interiore e puramente individuale, non collettiva. Specialmente tra i giovani, c’è grande libertà nel fornire una lettura del film che è ben poco influenzata da quella altrui e rimane sempre personale”.
Una pellicola dunque che ha saputo colpire nel profondo e che a breve uscirà anche in Francia, con una distribuzione più ampia rispetto al paese d’origine, dove questa è piuttosto scarsa (22 copie) nonostante il successo veneziano. Come mai?
“Non è la prima volta che accade. E’ un problema in generale del cinema italiano. Spesso si sente dire che la nostra cinematografia sia in difficoltà, ma ultimamente sto notando un gran fermento. C’è molta vivacità e ci sono giovani registi che hanno realizzato lavori interessanti, ma per il pubblico non è sempre facile vederli. E’ una cosa assurda”.
In fondo però, in un paese che non incentiva di certo la cultura, questo non sorprende, e rende ancora più prezioso quell'”intervallo” dal solito cinema che registi come Di Costanzo da anni meritoriamente propongono.
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