Niente più pugilato, niente più judo, niente più lotta e niente più taekwondo. E poco importa se tutte queste discipline hanno dato puntualmente, anche nelle ultime Olimpiadi, allori alla nazionale italiana.

Con una decisione improvvisa, che sta suscitando polemiche presso i vertici dello sport italiano e un acceso dibattito sui blog tra gli appassionati, la Rai ha infatti deciso di non trasmettere più in prima serata gli incontri di questi sport, nemmeno nei propri canali tematici (Raisport) e nemmeno durante i grandi eventi. Olimpiadi comprese.

La motivazione: “è necessario il rispetto delle fasce protette e si devono tutelare i minori”. Una spiegazione che non convince e che ha scatenato il presidente del Coni Gianni Petrucci, che ha parlato di “un atto gravissimo e inaudito per il quale chiedo al Presidente Tarantola, al Direttore Generale Gubitosi e al Direttore di Rai Sport De Paoli un immediato cambio di strategia perché tale decisione rappresenta un affronto alla storia dell’olimpismo e dello sport italiano, nonché l’esatto contrario di quello che viene normalmente definito ‘servizio pubblico’”.

Difficile non concordare: viene davvero da chiedersi se, con quello che si vede al giorno d’oggi in televisione, ad ogni ora, le immagini di un Carlo Molfetta che appena qualche settimana fa si aggiudicava l’oro nel taekwondo entusiasmando milioni di italiani (giovani compresi) possano essere davvero foriere di pericoli per le fasce protette.

E dire che proprio la Rai, durante le Olimpiadi di Londra, aveva più volte evidenziato di “aver svolto un vero servizio pubblico mostrando in diretta gare anche dei cosiddetti sport minori, che soltanto ogni quattro anni – attraverso la vetrina olimpica –  hanno l’opportunità di attirare consensi, tesserati, sponsor”.

Evidentemente gli sport di combattimento sono ritenuti – all’interno della televisione pubblica –  “violenti”.

Violenti, chissà rispetto a chi e a cosa.