Volti e nomi della Senigallia celebre ma modesta n°18: Brunella Romyo
Un'artista, pittrice che preferisce meglio definirsi come "Autore" - Guarda la galleria fotografica
Sul frontespizio della sua brochure di presentazione, si legge “Liricità Bucolica nelle opere di Brunella Romyo …dal respiro profondo dell’anima“. Poi, alcuni versi sono piacevolmente preceduti dalla bella riproduzione fotografica di uno dei suoi lavori. Una visione dedicata quasi totalmente alla natura.
Infatti, la figura di una contadinella dei tempi passati, occupa solo uno spazio limitato, benché posto in un centro locato però verso la base. Un decentramento che credo non casuale, ma pensato, studiato, voluto. Subito sotto questo i versi “..Per risonanza…/eco../ quelle più sottili velate, inusitate corde hanno vibrato…”
All’interno poi, quattro recensioni di esperti del ramo, che solo al leggerle bloccherebbero di già la tastiera di qualsiasi ritardatario con la speranza e l’ardire di poter e voler aggiungere quanto magari dimenticato, tralasciato e quindi non ancora detto da chi lo ha preceduto. Compito oramai arduo ed assai difficile!
Figuriamoci, quindi, come potrebbe pretenderlo di osare ciò il sottoscritto. Amante si, dell’arte, ma con questo né critico, né tantomeno esperto. I termini usati per descrivere questa artista ed i suoi lavori, sono del tipo “..ogni fiore è caleidoscopio di colori..“, “..rappresenta la sublimazione onirica..“, “..elegia del bello formale..“.
Nella sua retrospettiva che va dal 1965 al 2008 ho contatto ben oltre 50 tra personali e collettive. Dunque, io non posso e neppure voglio cimentarmi in un compito così impegnativo. Io tenterò, quindi, nel mio piccolo e per la 18° volta, con queste mie presentazioni di personaggi cittadini di far conoscere il volto ed il nome anche di questa signora che celebre di già lo è, ma che per la sua modestia e riservatezza, fin ad oggi è rimasta semisconosciuta alla maggior parte dei senigalliesi. Celebre lo è già, dicevo, ma sicuramente più fuori dei confini comunali. “Cittadina del Mondo” si definisce lei. I suoi quadri, all’infuori del continente africano, sono esposti un po’ ovunque nei continenti restanti. Gli ultimi venduti, pochissimi giorni fa, a conferma di quanto su esposto, hanno attraversato l’emisfero e sono sbarcati in Australia.
Guarda la GALLERIA FOTOGRAFICA dello studio d’arte di Brunella Romyo
Vediamo allora come presentarvi questa “Signora”, dalla S maiuscola.
La Sig.ra Brunella Romyo, non è senigalliese, essendo nata a S. Pier D’Isonzo (Go), ma ama definirsi di origine Giuliana o meglio ancora, come hanno tenuto a precisare anche alcuni piloti delle Frecce Tricolori- recentemente nella nostra città – ma di stanza a Rivolto (Ud):”…lei signora è bisiàca!!” (NdR: il dialetto della lingua Giuliana parlata a Gorizia). “In effetti – mi racconta la sig.ra Brunella – sono nata nella Venezia Giulia, però da genitori francesi, mio papà era un bretone che tantissimo tempo addietro si era trasferito nel Veneto, poi per ragioni di lavoro a Monfalcone.”
Ad appena 14 anni si trasferisce a Milano, dove le esigenze familiari e personali la portano a crescere e maturare più velocemente di quello che normalmente avviene a quell’età. A Milano lavora per vivere e nel contempo per sostenersi in quei studi artistici iniziati a Monfalcone e mai abbandonati e lo fa iscrivendosi all’Accademia più prestigiosa: quella di Brera. Si butta anima e corpo sugli studi dei classici, sullo studio dell’astrattismo e poi ancora su quello degli artisti francesi impressionisti dell’800.
Intanto, a Milano, incontra quello che diverrà, ed è ancora suo marito – cosa che per i tempi odierni è divenuta quasi una rarità tanto da fare notizia, quando si giunge a tagliare il traguardo di quasi 50 anni di matrimonio – e nel ’73, con i due figli che nel frattempo si sono aggiunti alla famiglia, si trasferisce nella terra di origine del consorte: le Marche.
Con la partenza da Milano è costretta a lasciare quanto nel frattempo era riuscita a costruire artisticamente parlando con altre sue colleghe, prima di studi e poi di lavoro, con le quali aveva impiantato e gestiva una galleria-atelier che dopo l’abituale noviziato, cominciava a dare i suoi frutti positivi.
L’arrivo, artisticamente parlando, a Senigallia non è dei più facili. Anzi, diciamolo francamente, gli ostacoli che incontra non sono di carattere interpersonale con le persone del posto, sono quelli del tipo che non si sarebbe immaginata di incontrare nell’intraprendere una nuova attività. Si sente sola tra la gente, tra difficoltà dovute anche a semplici e banali rifiuti. Istituzioni come assenti o quantomeno disinteressate. Comunque sia preferisce rinunciare ad incomprensibili, per lei, compromessi che avrebbero potuta aiutarla preferendo scegliere la strada più lunga del rimboccarsi le maniche, come del resto abituata, ricominciando dalla “gavetta” il suo percorso artistico, chiamiamolo Senigalliese, forte dell’esperienza milanese. Nel ’73 quindi collettiva e personale ad Ancona e negli anni a seguire ancora nelle nostre cittadine, evitando però di non perdere d’occhio anche quelle fuori regione. Fintanto che nel 1998 inaugura lo Studio-Atelier di Via Cavour,34 qui a Senigallia, dove crea, dipinge, mostra e vende i suoi lavori.
Ad accogliere i visitatori dell’Atelier, entrando sul lato sinistro, quasi a voler arricchire maggiormente i valori già contenuti all’interno, un albero protetto. Nato lì senza l’aiuto umano di alcuna piantumazione: L’Albero della Senape, coltivata in oriente ed originario del Giappone. Quasi che fosse un segno: La natura al servizio della natura esposta al suo interno nelle sue varie forme, ed è il caso di dirlo, delle sue sfumature. Visitandola si comprenderà ancor più.
Non solo quadri, da come si evince leggendo un’altra presentazione. Questa però montata su cavalletto: miniature, sassi, oggettistica, prodotti frutto sempre di una creatività, come la definisce l’Autore, “interiore”.
Non solo colori su tela, ma anche su lastre in ottone e rame. Non solo l’uso di pennelli, ma anche dell’Ago.
A questo punto, vista la mia ignoranza in materia, le chiedo in che cosa consista questa tecnica dell’uso dell’Ago: “Una tecnica molto semplice. – mi dice la sig.ra Brunella – Si utilizza l’ago come se fosse un pennello e così facendo non solo si va ad incidere la tela, inserendo il colore nella trama stessa, ma si ottengono tratti finissimi. Non ci sono pennelli talmente sottili in commercio che arrivino a fornire un tratto neppure simile a quello che può fornire l’Ago.”
Osservando che le tele presenti nello Studio, non sono nelle misure standard, ma hanno dimensioni, fuori formato, anche un po’ strane, la mia curiosità mi porta a chiedere lumi anche su questo: “Anche qua la cosa è abbastanza semplice. Io tratto la tela al naturale. Non ci sono preparazioni di fondo, non ci sono cementiti, non ci sono collanti, non ci sono progetti preparatori se non l’immediatezza della mano che lavora leggendo il concepimento mentale.”
La mia curiosità non è completamente soddisfatta per cui indago maggiormente e voglio sapere di più, dove si comperano, conoscere se si acquistano già a misura ecc.
La sig.ra Brunella con infinita pazienza riprende: “Io la tela me la faccio. Mi rifornisco da una ditta toscana da più di 30 anni. Prima ancora mi rifornivo da una ditta francese. Cerco di essere originale anche nella scelta delle dimensioni, per cui la tela la ordino in rotoli che poi taglio nella dimensione utile alla valenza del progetto mentale che andrò a realizzare. Nel momento esatto che progetto un quadro solo mentalmente e non come qualcuno pensa a livello di bozzetto. Infatti io non uso tratti a matita, perché sciogliendosi al contatto dell’olio questi andrebbero ad “inquinare” le tonalità degli altri colori.”
E sull’uso dei colori, invece, che cosa mi può rivelare?
“Già nei primi anni della scuola i nostri insegnanti che erano dei veri insegnanti, pretendevano da noi la conoscenza e la provenienza dei vari pigmenti. All’inizio anche io mi sono attenuta a questo percorso di preparazione a mano di questi colori, ma poi con la crescita della famiglia, per esigenze di tempo, mi sono “adattata” all’uso dei colori preparati. Ma di questa tipologia di colori ci sono tantissime gamme di produzione, alcuni mediocri, altri meno. Io per carattere sono una ricercatrice della perfezione e la mia scelta è caduta sempre su quello che personalmente ritenevo il meglio non usando mai, ad esempio, i colori acrilici (se non per cose banali rispetto ai quadri d’autore veri e propri) rispetto a quelli ad olio e di produzione (purtroppo) non italiana (più scadente). Gli acrilici sono prodotti attraverso una composizione mista di collanti e tempere che danno pochissime disponibilità per poterli amalgamare tra colore e colore ed una velocità di essicazione che non permette di ritoccare ne di lavorare con l’Ago. La disponibilità degli oli non a grana coprente, ma a grana trasparente mi da l’opportunità di mantenere anche nel lavoro stesso quella trasparenza diretta alle tele. Cosa che procura la visione, guardando ogni pezzo al rovescio (retrotela), di vedere perfettamente il soggetto. Infatti è la gradazione del colore che fa la differenza non la quantità di materia impiegata.”
Dal mobiletto su cui prendo appunti, spuntano cassette e CD di registrazioni musicali. Quindi la conversazione cade sulla musica che, mi riferisce la Sig.ra Brunella, ascolta mentre dipinge. Ed allora mi strappa la domanda su quale tipo ed a che cosa le servano le note. Se per ristabilire un umore portandolo a quello giusto per il soggetto che sta dipingendo, o a priori, perché l’aiuti a trovare la giusta ispirazione.
“Mi serve prima di tutto per togliere attorno a me la confusione del quotidiano. Quindi che cosa c’è di meglio che associare l’arte colorata con l’arte musicale. Quale fonte di ispirazione potrebbe essere migliore di un brano musicale che le coinvolge l’anima? La musica è sicuramente serena, la musica da sicuramente la possibilità di isolarsi, di avere, per l’appunto, la separazione dal quotidiano, per isolarmi nel momento esatto del contatto con l’arte intesa come concepimento del progetto. La musica deve essere un mix tra il profumo dei colori e la serenità, per cui sempre musica diffusa e non auricolari.”
3 – Da Pittrice ad Autore.
Signora Brunella, lei mi ha più volte parlato del suo passaggio di pittrice a quello di “Autore”. Io ho fatto sempre finta di comprenderne la differenza, ma ora le confesso, alla fine di questa specie di Tac grossolana che le ho fatto, che invece non ho compreso, colpa mia, questi confini. Allora, per gentilezza, sono a chiederle nuovamente, ma che cosa vuol dire, che differenza c’è, come si giunge a questa mutazione?
“Il Pittore è colui che “fotografa” e riproduce una visione, l’Autore no, è mirato all’immaginazione. E’ diverso! L’Autore non vede, chiudendo gli occhi ed elevando la propria interiorità vive la sua immagine. La vede ancor prima di incominciare materialmente. Appunto, la crea come se fosse un concepimento vero e proprio e lo vede già finito ancor prima di iniziarlo. La tira fuori al momento opportuno, ma sempre come l’ha archiviata in memoria. Ed ecco anche spiegato il perché questi quadri non hanno ripensamenti, ritocchi, ripassi sulle sfumature, ma sempre un solo un unico passaggio del colore sulla tela. E’ come fare un figlio, e l’unica differenza sta nella gestazione di nove mesi, – e sorridendo aggiunge – nel quadro si spera molto meno. E posso confermare ciò, avendo maturato entrambe le esperienze.”
Come avviene la scelta, da parte dell’Autore, della tela anziché del vetro, o che so io del sasso, o della lastra di rame invece che quella di ottone?
“Devo ascoltare ciò che mi viene commissionato, dalla pretesa di chi commissiona, a cui io poi faccio seguire la mia proposta e solo in quel caso suggerisco un elemento o un altro. Comunque il maggior numero di richieste vengono fatte su tela, anche se le cose più eccelse , viste le maggiori trasparenze, le si ottengono sulle lastre, per via anche dell’uso dell’ago. Trasparenze e velature addolcite ed ottenute solo da una mano molto leggera, molto elegante, non certo quindi maschile.”
Come vede la sua arte domani?
“Sarà sempre mirata al meglio, quello sicuramente! Comunque sarà sempre più elevata, perchè io per carattere sono una ricercatrice del bello, un’esteta del bello, che non si accontenta mai di quanto raggiunto e che ancora crede di non aver raggiunto il massimo delle sue possibilità. Soddisfatta, ad ogni modo di tutto quello fin ad oggi fatto, tanto da poter affermare che se potessi anche ritornare indietro farei lo stesso percorso fin qui fatto.”
Il suo sogno nel cassetto, sempre artisticamente parlando?
“Il mio sogno è quello quotidiano ed anche molto realizzabile, ed il cui concretizzarsi non dipende da me. Il mio desiderio più grande sarebbe che le Istituzioni del luogo, avessero occhi per vedere il bello. Del resto occorrerebbe solo un attimo d’attenzione da parte delle Istituzioni che qui, potrebbero trovare la valenza di una ricerca della qualità. Le porte del resto sono sempre aperte, spalancate per qualsiasi indirizzo sia. Io non ho limiti politici o quanto meno anche una personalità politica, qualsiasi essa sia, sarebbe la bene accetta. Sicuramente però, ho trovato invece e trovo l’assenza delle Autorità, trovo l’assenza delle Istituzioni, trovo l’assenza delle persone autorevoli in questo luogo, soprattutto trovo la noncuranza delle “persone di passaggio” e trovo la difficoltà di colloquiare con le “persone del posto”, questo sicuramente, e quello che mi spiace è non comprenderne il motivo!!“.
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