Il 2 agosto del 1980 la strage della stazione di Bologna
Una valigia carica di tritolo esplose nella sala d'attesa. Un altro dei tanti misteri italiani
Bologna ricorda ancora, come da 31 anni, ogni 2 agosto. Con le stesse mestizia e sobrietà, spesso sporcate dalle immancabili polemiche. Col tempo, la rabbia non è scemata, ma forse è subentrata pure un po’ di rassegnazione.
La rassegnazione di chi vive con una ferita ancora aperta, ma allo stesso tempo ha smesso di credere che le tante zone d’ombra su quella mattina possano dipanarsi in nome della Giustizia.Di certo, non basta un trentennio per lenire il dolore di una comunità colpita.
Il 2 agosto 1980 nella “Dotta” era una giornata calda, un sabato per molti vacanziero: sono le 10.25 del mattino quando nella sala d’aspetto della seconda classe della stazione ferroviaria, affollata di turisti, un ordigno, contenuto in una valigia incustodita, determina una fortissima esplosione che distrugge parte della struttura. Ma, soprattutto, causa la morte di 85 innocenti, e circa 200 feriti, alcuni dei quali avranno mutilazioni permanenti. La quiete della città “Grassa” è improvvisamente spazzata via. Forse per sempre.
Certo, già sei anni prima, a pochi chilometri dal capoluogo, a San Benedetto Val di Sambro, il terrorismo aveva colpito, causando 12 morti sul treno Roma-Brennero. Stavolta, però, è un’altra cosa. Bologna è colpita al cuore, in uno dei suoi simboli.
Le immagini di quel giorno, coi tanti cittadini che si affrettano nel prestare i soccorsi e nell’estrarre i corpi dalle macerie, hanno fatto il giro del mondo.
E mettono ancora i brividi, come le parole dell’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini, che, in lacrime, giunto sul posto parlò “di gravissima impresa criminale, la peggiore mai avvenuta in Italia”.
Da allora Bologna è ripartita, anche se l’orologio nella facciata centrale della stazione è rimasto fermo alle 10.25; lo squarcio ancora presente nel luogo dell’esplosione e una lapide con l’elenco delle vittime ricordano ai bolognesi e non che il 2 agosto è sempre, e non soltanto oggi.
Perché per quella strage ci sono stati processi di primo grado e d’appello, assoluzioni e nuove inchieste, ma anche tanti depistaggi, ambiguità, silenzi, ipotesi alternative. Per la magistratura i responsabili materiali sono gli ex militanti Nar Giuseppe Valerio “Giusva” Fioravanti, già baby attore negli anni ’70 poi passato alla lotta armata, la sua compagna Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, tutti e tre condannati in via definitiva. Ma negli ultimi 30 anni i dubbi sono aumentati parallelamente alle sentenze di volta in volta emesse: come sei il fumo del dopo esplosione non si sia diradato abbastanza per fare luce definitiva sui mandanti, come già per le stragi di Piazza Fontana a Milano o di Piazza della Loggia a Brescia. E per tante altre. Episodi oscuri degli “Anni di piombo”, dagli stessi storici inquadrati nell’ambito della“Strategia della tensione”. Forse è per queste zone d’ombra, per questi silenzi, che talvolta anche nelle persone più vicine alle vittime innocenti subentra la rassegnazione.
Quell’orologio che ci guarda immobile alle 10.25 ci ricorda però che non è mai troppo tardi per non dimenticare, e continuare a cercare la verità.
Per Non Dimenticare. Mai.
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