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Monterado: il vice-sindaco Mazzoni, “al territorio servono enti locali rinnovati”

La relazione del coordinatore di zona Misa nell'ambito del progetto del Pd "La buona politica"

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Cristian Mazzoni

C’è una bella canzone di Francesco Guccini che parla del viaggio di 5 anatre, che emigrano verso Sud alla ricerca di un clima più mite; l’inverno arriva in anticipo ed in modo improvviso; sulla strada incontrano i cacciatori e mille difficoltà, e forse di quelle cinque anatre ne vedremo arrivare una soltanto, ma, dice Guccini, quel volo certo vuole dire che bisognava volare.


Parlare di buona politica e di un nuovo modello di sviluppo in tempi di recessione  e di “spending review”, mi ha fatto tornare a mente questa canzone, dove le anatre rappresentano il PD, l’inverno la crisi economica e i cacciatori il clima di rigetto dei partiti e l’anti-politica. Eppure…, Eppure, come nella canzone, bisogna volare!

Bisogna cimentarsi in uno sforzo di elaborazione collettiva, il volo per l’appunto, che ridia speranza, che ridisegni una nuova via di sviluppo per la nostra Provincia, dentro un’architettura istituzionale profondamente rinnovata, capace di riconnettersi in un ritrovato rapporto di fiducia con i cittadini.

In Italia la crisi ha una caratteristica in più, coincide con la fine di un ciclo politico, che si è aperto nel ’94, sulle ceneri della Prima Repubblica, e che si chiude com’è cominciato: con una crisi enorme dei partiti e della rappresentanza. Ben vengano le critiche ai partiti, se servono a farli rinascere all’altezza dei compimi che le Istituzioni loro assegnano, ma vedo il rischio di finire in una notte dove tutti i gatti sembrano grigi.

Borsellino diceva che è compito dei partiti, non soltanto essere onesti, ma anche apparire tali. La politica deve ritrovare il senso del limite, della missione, e soprattutto della sobrietà. Un Politico non può spendere 180€ per un piatto di tagliatelle al caviale, non sta bene! Così come non può spendere meno di 8 € per un pasto completo al ristorante della Camera o del Senato.

Si perde la credibilità per chiedere sacrifici ai cittadini. Su questi aspetti si è fatto ancora troppo poco.
Buona politica e nuovo modello di sviluppo: i temi si legano.
Se siamo convinti che per rilanciare il Paese serva un nuovo modello di sviluppo, il corollario non può essere che per realizzarlo serva anche un nuovo gruppo dirigente.
Il PD può vincere le prossime elezioni politiche,  ma non con le stesse ricette e gli stessi attori del ’96. Serve una nuova stagione, che veda protagonista il gruppo dirigente diffuso, fatto di decine di amministratori, che fanno vincere il PD, che hanno consenso, che governano bene e che possono proporsi come la nuova classe dirigente di questo Paese.
Per cui primarie sempre! Anche per la scelta dei Parlamentari e dei Consiglieri Regionali, contendibilità delle candidature alle primarie, anche per gli eventuali  beneficiati dalla deroga al limite dei tre mandati, sulla cui interpretazione a 15 anni dico, come direbbe Achille Campanile, ci sono regole fatte di sole eccezioni; ecco, io vorrei un partito in cui le eccezioni non diventassero la regola.

Vengo alla proposta per il nostro territorio. Un nuovo modello di sviluppo deve poter contare su enti locali profondamente rinnovati, una nuova architettura istituzionale, che riesca a fare di più con meno.
Il futuro è fatto di gestioni associate dei servizi, di Unioni di Comuni, e, dico io, di fusione dei piccoli Comuni.
Chi vi parla fa il Vicesindaco del Comune di Monterado, un paese di 2150 abitanti, antesignano della gestione associata dei servizi e delle Unioni dei Comuni; e per esperienza vi posso dire che associare tante debolezze non fanno una forza; la gestione associata rischia di svuotare i piccoli Comuni di personale, riducendo il numero dei servizi, senza risparmiare neanche un euro.

Credo molto nel ruolo dei Comuni, un giornalista di Repubblica li ha definiti “la particella di Dio nel sistema Italia”, ma da almeno 7-8 anni i Sindaci sono diventati sovrani a parole, generano aspettative, senza avere poteri adeguati e le risorse, ridotti a fare gli esattori per lo Stato, ad edificare il territorio per drenare risorse.
Lo Stato tradisce lo spirito del titolo v della Costituzione, e l’art. 118 in particolare. Si sta applicando il principio di sussidiarietà al contrario. Lo Stato dovrebbe intervenire quando l’Ente sott’ordinato non ce la fa; succede il contrario: è il Comune che sempre più spesso deve intervenire al posto dello Stato. A Monterado, ad esempio, lo Stato non paga più l’insegnante di sostegno ai bambini disabili, ora lo fa il Comune.

Il patto di stabilità, i blocchi alle assunzioni del personale, la tesoreria unica, rischiano di marginalizzare il ruolo dei Comuni, un tempo attori di primo piano del cambiamento. La “spending review” ha decretato la parola fine al federalismo; e anche con il PD al governo sarebbe velleitario pensare ad un ritorno ai bei tempi andati, dove succedeva anche che i Comuni decidessero  di cambiare Regione in base al tornaconto economico.
Siccome sono convinto che i processi di cambiamento sia meglio anticiparli e guidarli che subirli, penso che sia il momento di condividere la storia dei nostri Comuni in realtà municipali più grandi, di 10-15-20 mila abitanti, piuttosto che assistere inermi al declino di un territorio, dove all’indebolimento della periferia non corrisponde neanche un rafforzamento dello Stato centrale.

Come ci ricorda Ilvo Diamanti, se si toglie la periferia senza rafforzare il centro, il risultato è che tutto diventa periferia.
Periferia Italia, e non è quello che vogliamo.

 

da Cristian Mazzoni

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