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Crisi Eurozona: tranquilli, la Grecia non può né uscire né fallire

Claudio Messora offre una versione alternativa alla coesione europea declamata da Germania e Francia

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Claudio Messora parla della crisi della Grecia e dell'Eurozona

Da una parte le nazioni del centro-nord europa, Germania su tutti, con la loro efficienza, il loro rigore, la loro saccente, cattedratica presupponenza nel voler essere da esempio. Dall’altra quel che rimane delle democrazie in svendita del sud Europa, con la loro inefficienza, il loro permissivismo, la loro inciviltà, la loro corruzione. Ma sotto la patina dei luoghi comuni, a ben vedere, i buoni non sono poi così buoni, e si scopre che i cattivi non erano soli, nella parte. Forse, più semplicemente, tutto il mondo è paese.

Così, accade che l’ex ministro della Difesa greco, Akis Tsochatzopoulos, sia finito dentro con l’accusa di corruzione, insieme alla sua bella moglie di 35 anni più giovane. E se c’è un corrotto, come insegna il caso Mills, da qualche parte c’è un corruttore. Peccato che il corruttore questa volta non sia un greco, ma guardacaso un tedesco. Dodici anni fa, la tedesca Ferrostaal avrebbe pagato sotto banco 8 milioni di euro a Tsochatzopoulos per acquistare quattro sottomarini di Classe U-214, tra l’altro di cui tre ancora da consegnare. Il tutto mentre la Goldman Sachs di cui Draghi era vicepresidente aiutava Atene a falsificare i bilanci, in cambio di 300 milioni di euro. Non male per Berlino, che oggi punta il dito contro la corruzione del popolo greco.

Ma c’è di più. Secondo il Wall Street Journal la Merkel avrebbe preteso dalla Grecia, in cambio degli stanziamenti da 130 miliardi della troika, l’acquisto dei suoi armamenti. La Grecia in passato aveva già acquistato dalla Germania 170 panzer Leopard costati 1,7 miliardi di euro, 223 cannoni dismessi dalla la Difesa tedesca e 4 sottomarini prodotti dalla ThyssenKrupp, che Papandreou non voleva (un buon motivo per farlo fuori).

Tutta roba usata, di cui il vice di Papandreu aveva denunciato pubblicamente l’inutilità. Come puoi chiedere a un Paese di tagliare i salari e le pensioni, e contemporaneamente obbligarlo a comprare le tue armi? Tra il 2001 e il 2006 la Grecia era il quarto acquirente mondiale in fatto di produzioni belliche, concentrando sulle sue esili spalle il 15% dell’export dell’industria militare tedesca e il 10% di quella francese.

Già, perché anche Sarkozy, in una visita di Papndreou a Parigi, ha obbligato Atene ad acquistare 6 fregate e 15 elicotteri francesi, per un totale di 4 miliardi di euro. E venerdì scorso, a due giorni dal voto, i greci hanno comprato dagli olandesi 13 milioni e mezzo di euro in munizioni per i carri armati, quelli tedeschi. Una spesa militare che per il 2012 assommerà a 7 miliardi di euro.

Certo, tutti questi miliardi di euro in commesse militari sarebbero di difficile esigibilità per la Germania e per la Francia, se la Grecia fallisse. Se a questo si aggiunge che l’esposizione delle banche tedesche nei confronti di Atene è di 18,6 miliardi, mentre il sistema bancario di Parigi teme addirittura per i suoi 47,9 mliardi, il quadro è completo. L’uscita dall’euro della Grecia non sarebbe un dramma di per sè, dato che una popolazione di 11 milioni di persone con un debito pubblico di 300 e rotti miliardi non è esattamente un Armageddon inaffrontabile. Ma chi pagherebbe i conti delle aziende tedesche e di quelle francesi?

Prestiti subito, dunque! Ma per saldare i crediti dell’asse franco-tedesco si usano i soldi degli aiuti internazionali, che sono i nostri!

Perché la Grecia non può fallire


di Claudio Messora, tratto dal suo blog Byoblu.com

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