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Una catastrofe nucleare planetaria ad ogni piena del fiume: il caso di Saluggia

Stipate, oltre al plutonio, l'85% delle scorie radioattive italiane: l'intervista di Claudio Messora su Byoblu

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Andrea Bertaglio, co-autore di "Scorie Radioattive", intervistato da Claudio Messora per Byoblu.com

Un decimo di milligrammo di plutonio, se inalato, uccide. A Saluggia ce ne sono cinque chili, sufficienti a far fuori 50 milioni di persone: tutta l’Italia. Ogni volta che la Dora Baltea è in piena, a 1500 metri di distanza, chi sa trema.

A Saluggia sono stipate anche l’85% delle scorie radioattive italiane. Duecentotrentamila litri di rifiuti stoccati in forma liquida, vicino a un fiume che esonda.
L’ultima alluvione, quella del 2000, ha portato un premio nobel per la fisica come Rubbia a parlare di catastrofe nucleare planetaria appena sfiorata. I fiumi portano l’acqua nelle case, nelle coltivazioni, al mare. La chimica che trasportano entra nel ciclo alimentare degli esseri umani, attraverso le piante e i pesci che la assorbono e attraverso l’acqua. Basta un errore, un solo piccolo errore – e la storia dell’umanità non è confortante – per mandare tutto in vacca. Eppure gli scarichi di routine dei centri nucleare finiscono nei fiumi e nei laghi, regolarmente, e a nessuno interessa.

Di più, 90 testate atomiche statunitensi sono custodite sul nostro territorio, in condizioni di sicurezza discutibili. Qualche tempo fa un gruppo di attivisti penetrò in una di queste basi e organizzò un pic-nic. La sicurezza ci mise mezz’ora a intervenire. In un tempo infinitamente inferiore, un terrorista avrebbe potuto scatenare un fungo nucleare che Hiroshima al confronto sarebbe stato un esperimento del piccolo chimico, perché le 40 testate stipate a Brescia e le 50 di Aviano sono molto più potenti. La Germania, come la Danimarca, la Norvegia, l’Olanda e altri paesi – perfino la Grecia – hanno chiesto agli USA di portarsi via le loro bombe. Solo l’Italia e la Turchia non l’hanno fatto. Perchè?

Al Salto di Quirra c’è un poligono militare sperimentale che disperde nel territorio uranio impoverito, torio, fosforo bianco e nanoparticelle di metalli pesanti. La ricercatrice Antonietta Gatti ha fatto un lavoro di analisi eccezionale, ma già la nascita di animali con più zampe e teste e di bambini deformi, insieme alla percentuale bulgara del 65% di leucemie e linfomi dei pastori che vivono (o muoiono?) nella zona, avrebbe dovuto ingenerare qualche sospetto.

Abbiamo fatto due referendum perché non volevamo il nucleare, ma il nucleare ce l’abbiamo già: sotto ai piedi  e nell’aria che respiriamo. E nessuno ce lo dice.

Di seguito, nel VIDEO, l’intervista ad Andrea Bertaglio, autore insieme a Maurizio Pallante di “Scorie Radioattive” (Aliberti Editore).

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