Alla Piccola Fenice di Senigallia ‘La donna scimmia’
L'appuntamento è per martedì 22 maggio
La rassegna dedicata al grottesco nel cinema italiano prosegue, martedì 22 maggio alla Piccola Fenice di Senigallia con “La donna scimmia” diretto da Marco Ferreri nel 1964, interpretato da Ugo Tognazzi nei panni di un imbroglione e da Annie Girardot, la donna scimmia appunto.
Il film rientra nell’ultima rassegna della lunga e stimolante Stagione cinematografica di Senigallia, promossa dal Comune e curata dagli appassionati del circolo Linea d’ombra. Rassegna che si concluderà martedì 29 maggio con “Il minestrone” diretto da Sergio Citti nel 1981. Inizio spettacoli alle 21.15. Ingresso con tessera. II film in programmazione il 22 maggio, “La donna scimmia”, fece abbastanza rumore all’epoca in cui uscì.
Così come spesso accadeva ai film di un regista anticonvenzionale come Marco Ferreri, campione di grottesco. Ma secondo lo stesso Ugo Tognazzi, interprete protagonista insieme ad Annie Girardot, non fu capito. “Se qualcuno lo rivedesse oggi, lo troverebbe non solo normale, ma in più vi vedrebbe una piccola storia poetica senza alcuna traccia di scandalo“, dichiarò l’attore in un’intervista uscita su “Ecran 73” nel novembre del 1973.
La critica dell’epoca rilevò i tanti riferimenti di questo film di Ferreri a “La strada” di Fellini e mise in particolare evidenza l’interpretazione eccellente di Annie Girardot nell’ingrata parte della donna scimmia. La trama si basa sulla vita di espedienti condotta da Antonio Focaccia, quarantenne napoletano la cui vita cambia in qualche modo grazie all’incontro con Maria, chiusa in un ospizio.
Antonio intuisce le potenzialità commerciali di quella donna così ricoperta di peli e la convince a seguirlo, esibendola come “fenomeno vivente” nel proprio garage trasformato in baraccone. I due finiscono per sposarsi e Maria resta incinta. Il parto le è però fatale e con lei muore anche il bambino. Antonio non si perde d’animo e decide di tenere i due corpi, imbalsamandoli e tornando a esibirli nel suo baraccone. Secondo Tullio Kezich, “Tognazzi, che i più hanno trovato un po’ debole in questo film, ci sembra invece esemplare nella sua ambiguità di uomo medio, né buono né cattivo, legato al carro di un sistema dal quale non può assolutamente sciogliersi; non meno convincente di una Annie Girardot patetica e coraggiosa“.
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