Intervista a tutto tondo con l’artista senigalliese Michele Sanna
"L'arte può offrirci una chiave di lettura per capire meglio il mondo intorno a noi"
Restauratore , pittore eclettico con alle spalle decine di mostre personali, Michele Sanna è uno dei nomi che si stanno mettendo più in mostra nel panorama artistico locale. La sua opera fa la spola tra il restauro (Ndr: fu tra i responsabili dell’allestimento e l’installazione della ‘Calamità Cosmica‘ di Gino De Dominicis esposto in piazza Reale a Milano nel 2006) e la pittura, spesso caratterizzata dall’utilizzo di materiali non sempre convenzionali. Ecco l’intervista a tutto tondo di SenigalliaNotizie.it
Partiamo dall’inizio, la tua attrazione verso l’arte quando è iniziata? E’ qualcosa di innato?
Sicuramente si; fin da piccolo avevo grandissima attrazione per tutto quello che comportava l’uso di colori, materiali plasmabili e via discorrendo… ecco, adoravo sporcarmi. La formazione è stata quella classica; da bambino non ero esattamente un asso a scuola, arrivavo alla famosa sufficienza, tranne che in educazione fisica e disegno; già da lì si incominciava a intravedere che strada avrei intrapreso. Poi è arrivato prima il Diploma dell’istituto d’arte e da lì tanta pratica: si impara con l’esperienza e con la pratica…
Il tuo lavoro fa la spola tra il restauro e la pittura; come riesci a far convivere questi due filoni apparentemente così distanti?
Il restauro mi permette di mangiare; è la mia professione nonché una delle mie due grandi passioni… una passione meticolosa, quasi scientifica dove l’ispirazione artistica deve lasciare posto a protocolli ben precisi; …ecco perché quando torno a casa sento il bisogno di dare libero sfogo alla mia parte più istintiva con la pittura. Diciamo che sono due facce unite e indissolubili della mia sfera artistica, l’una complementare all’altra.
Quali sono state le tappe più importanti nella tua carriera da restauratore?
Ogni restauro effettuato sicuramente rappresenta una tappa importante della mia carriera… particolarmente vivido è il ricordo del mio ultimo lavoro terminato nel gennaio 2012 a Castel Sant’Angelo a Roma. Si trattava di un gruppo scultoreo ligneo del XV secolo soprannominato ‘Il Compianto’. Sicuramente il lavoro che mi ha dato maggiore visibilità è il restauro della ‘Calamità Cosmica‘, monumentale istallazione di Gino De Dominicis; i lavori sullo ‘Scheletrone’ di circa 24 metri fu fatta direttamente in piazza della Signoria a Milano, l’istallazione fu fortemente voluta da l’allora assessore culturale Vittorio Sgarbi. Una bellissima esperienza lavorativa, raramente capita il restauro di un’opera moderna-contemporanea di grande importanza come questa.
Qual è la situazione del restauro oggi in Italia?
Il livello del restauro in Italia è certamente alto, probabilmente siamo tra i migliori al mondo e in fin dei conti, è un atto un po’ dovuto nei riguardi dell’immenso patrimonio artistico di cui siamo depositari. Basti pensare alla percentuale dei beni dell’Unesco che si trovano nel nostro paese. Facendo questo lavoro mi è capitato di girare per un gran numero di Chiese, Palazzi d’epoca o simili; a volte capita di imbattersi in quadri o manufatti d’epoca di grande valore lasciati purtroppo all’incuria del tempo o accatastati in malo modo in qualche scantinato. Mi piace pensare che non ci siano abbastanza fondi per poter arrivare da per tutto, perché se così non fosse, significherebbe che stiamo mandando in malora una ricchezza che non ha eguali al mondo.
Passiamo alla pittura; uno dei tuoi marchi di fabbrica sta diventando l’utilizzo dei cosiddetti materiali di recupero…mi riferisco in particolare alla tua ultima mostra personale ‘Sistema’
Già, credo di non adoperare da una vita la classica tela per dipingere; trovo molto stimolante sperimentare, cimentarmi con materiali diversi, quasi sempre superfici di scarto…magari una vecchia porta, una finestra, una mensola e via discorrendo. ‘Sistema’ è il titolo della mia ultima mostra personale che si è differenziata molto dalle mie esposizioni precedenti: per la prima volta c’è stata la ripetizione di un modulo: la rete, che voleva essere una denuncia a tutto quello che ci viene proposto dalla società; quello che ho cercato di comunicare è la sensazione di essere circondati, costretti dentro a dei recinti.
Approfondiamo il concetto della rete…
La rete di cui ho fatto largo uso in ‘Sistema’ è la rete arancione che si trova nei cantieri edili; l’idea è nata improvvisamente….iniziava l’inverno e mi sono trovato a lavorare di notte tra colori e materiali diversi abbandonati nei luoghi più disparati. Questa rete me la ritrovavo un po’ ovunque: in questo periodo siamo circondati dalla rete, basta fermarsi un attimo ad osservare la moltitudine di cantieri presenti in zona…insomma tanti recinti e in ognuno di essi una realtà diversa, tra cui anche la mia…da qui l’idea della mostra. Una rete che ci ingabbia ma che allo stesso tempo ci permette di vedere, se lo vogliamo, attraverso i buchi ciò che c’è al di là di questa barriera.
Quindi l’arte per te non deve essere solo fine a se stessa
A mio avviso no; trovo limitante entrare ad una mostra, soffermarmi davanti ad un quadro e limitarmi a dire”bello o brutto”. Credo che la pittura o l’arte in genere debba far riflettere, debba aiutarci a porci delle domande o fornirci delle chiavi di lettura della realtà che ci circonda. Il puro esercizio estetico credo che sia un po’ anacronistico oramai.
La classica ‘progetti futuri’?…Cosa hai in cantiere?
La mostra che sto preparando si dovrebbe intitolare “La mancanza”; anticipo solo che avrà a che fare con il concetto di “vuoto” inteso come rappresentazione del reale, di ciò che sfugge ad ogni possibile rappresentazione. In fondo ogni artista non cerca di rappresentare il rappresentabile ma di rendere visibile l’invisibile. L’opera d’arte sarà un ‘organizzazione’ del vuoto: si inizierà a dipingere con il pensiero.
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