Omicidio Lorenzetti a Senigallia: nessuno sconto per Mandolini, delitto premeditato
Confermata la pena a 30anni: era depresso ma capace di intendere e volere
Confermata la condanna a trent’anni di reclusione già inflitta in primo grado per Renzo Mandolini, fisioterapista senigalliese, che il 17 luglio 2008 uccise, l’ex-moglie Francesca Lorenzetti, accoltellandola davanti all’ufficio postale del quartiere Saline di Senigallia.
Trent’anni di carcere, ovvero il massimo della pena prevista se si considera lo sconto per la scelta del rito abbreviato ma nessuna riduzione della condanna alla luce delle perizie sulla psiche di Renzi.
La Giuria Popolare presieduta dal giudice Maria Rita Belardi è fermamente convinta che non sia in dubbio la preterintenzionalità del delitto: Mandolini si presentò davanti all’ufficio postale delle Saline con l’intenzione di uccidere l’ex moglie. Non regge nemmeno la dichiarazione rilasciate dall’omicida subito dopo l’assasionio in cui affermava di essere stato in preda ad un raptus scatenato dalla risposta sprezzante della donna ad una sua richiesta di aiuto economico.
Secondo la corte d’assise di Perugia, alla luce delle innumerevoli testimonianze, il breve incontro era insufficiente per suscitare una lite che potesse degenerare in omicidio. Si legge nella motivazione “La lite avvenne in uno scorcio di tempo non tale dal consentire lo sprigionarsi ex novo di una reazione aggressiva incontrollabile in ragione del tenore del colloquio, potendosi anzi affermare che Mandolini appena la Lorenzetti si avvicinò a lui, passo subito ai fatti“.
Ma il nocciolo della questione è rappresentato dal tema della capacità di intendere e volere di Mandolini. La perizia redatta dal dott. Rolando Paterniti in seguito alla richiesta di effettuare una nuova anlisi sull’omicida, per verificare la temporanea e parziale infermità mentale dell’imputato al momento del delitto ha dato esito negativo: il fisioterapista senigalliese era sì in uno stato di depressione e di scarso controllo della propria aggressività, ma non incapace di intendere e volere.
Conclusioni opposte rispetto quelle della consulenza della difesa firmata dal dott. Vittorio Volterra, il quale sosteneva invece che le capacità cognitive erano fortemente ridotte a causa di una forte forma di stress. Secondo però il perito dell’accusa, tale stress avrebbe al limite potuto scaturire in un suicidio, non in un assassinio.
Per Mandolini quindi non si prospetta alcuno sconto: la sentenza di appello ha confermato anche la pena accessoria riguardo la sospensione della potestà genitoriale per l’intera durata della pena e il risarcimento dei danni calcolati in 600 mila euro per i figli Lucia, Serena e Lorenzo e in 150 mila euro per Lucio Mazzaferri, il convivente della donna.
Intando gli avvocati della difesa fanno sapere che il verdetto di Perugia non chiude il caso e che la loro battaglia continua. Gli avvocati di Mandolini, oltre a sostenere l’assenza di premeditazione, hanno sollecitato una nuova perizia sulla base della consulenza del dott. Volterra
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