Senigallia, la tutela delle dune in spiaggia è… “a macchia di leopardo”?
Alcuni stabilimenti si sposteranno in zone dunali che il Comune non sembra più intenzionato a proteggere
Con la delocalizzazione di alcuni stabilimenti balneari il Comune di Senigallia vuole far fronte alle problematiche connesse all’erosione costiera. Il fenomeno – per cui il mare, anche con una sola mareggiata, trascina via metri cubi di sabbia – costringe ogni anno l’Ente comunale a continui ripascimenti del litorale. Tra le motivazioni, olter alla tutela del paesaggio, vi è anche il fatto che le imprese sul demanio marittimo non vengano penalizzate.
Nel famoso Piano Particolareggiato dell’Arenile, per l’estate 2012 e per quelle successive (con un bando comunale all’anno fino al 2016), è previsto appunto lo spostamento di alcuni “bagni” che insistono su zone a rischio erosione delocalizzandole verso nord (Cesanella e Cesano) e verso sud (Ciarnin e Marzocca).
Zone queste su cui esistono diverse dune che il Comune stesso mira a proteggere in base ad una direttiva europea “Habitat” (Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche).
In particolare, in alcuni appezzamenti demaniali dove andranno ad insistere gli stabilimenti balneari in fase di trasloco, “risiedono” delle dune che il Comune non sembra intenzionato a proteggere ulteriormente.
Ed è questo che lamentano alcuni bagnini: se là vi è una duna che il Comune prima voleva proteggere, perché ora le intenzioni sono cambiate e non vi è più quella volontà di tutela? Qua il richiamo è al danno d’impresa subìto con le mareggiate che “vincerebbe” sul criterio della tutela ambientale.
Per fare un esempio: sono molte le zone dunali sul lungomare sud, Da Vinci, ma non tutte sono recintate o tutelate come si può vedere nella galleria fotografica. Davanti al Circolo F.lli Bandiera vi è una duna tutelata con tanto di paletti volti a distinguere le zone di transito da quelle protette. Ma spostandosi di tre metri, ve n’è un’altra che invece non è degna di tutela.
Eppure hanno simile composizione floristica e hanno in passato subito interventi di protezione dell’ambiente sabbioso-vegetativo che si stava formando.
Che il profitto abbia più valore (economico sicuramente) del paesaggio? Eppure il Comune fa sfoggio di premi e riconoscimenti per la salvaguardia del paesaggio marino. Criterio che in passato è stato usato per negare permessi e licenze ad altri concessionari, i quali, a questo punto, si chiedono: ma la tutela ambientale vale per alcuni e per altri no?
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