Oltre seicento visitatori nella due giorni che ha visto l’archeologia senigalliese protagonista delle giornate del FAI, dedicate interamente al “racconto” delle più recenti scoperte di archeologia urbana.

Il percorso ha preso il via dal sito archeologico sottostante il teatro La Fenice, “contenitore” già noto all’interno del quale i visitatori hanno potuto ammirare i reperti musealizzati e il sito stesso, nonché assistere alla proiezione di un cortometraggio di dodici minuti, realizzato dalla Convenzione per l’Archeologia Urbana di Senigallia sul nuovo sito di via Baroccio, attualmente non visitabile, girato assiemando la documentazione dello scavo e il racconto diretto dei protagonisti.

Grazie all’essenziale collaborazione dei privati, si è mosrtato come il nuovo modello operativo promosso dalla Convenzione riesca a non fermare più i cantieri, restituendo alla città un patrimonio culturale importante che altrimenti rischierebbe di rimanere sepolto sotto la “paura” della burocrazia. Da qui il titolo del corto: “La paura è passata”.
Successivamente, i visitatori sono stati accompagnati a visitare lo scavo di via Cavallotti, primo grande cantiere archeologico attribuibile all’attività della Convenzione.

I veri protagonisti dell’evento, però, sono stati i ragazzi del Liceo Classico “G. Perticari”, preparati e validamente coordinati dalla prof.ssa Vania Curzi: le “guide in erba” hanno accompagnato i visitatori in piccoli gruppi di dieci persone, permettendo così una visita accurata e una chiara fruizione delle informazioni.

All’apprezzamento per la qualità del lavoro svolto manifestata dal prof. Lepore nella conferenza stampa di martedì scorso, si è aggiunto il sindaco Maurizio Mangialardi il quale, dopo aver seguito con grande attenzione l’intero circuito di visita nella mattinata di domenica, non si è risparmiato in elogi ai giovani studenti coinvolti ed ha espresso parole di vivo ringraziamento per questa attività culturale di altissimo livello che gratifica e valorizza l’impegno dei giovani studenti senigalliesi.

La fotografie sono di Simone Luchetti