La scuola primaria di Cesano aderisce al progetto “Sostegno a distanza”
Iniziativa dell'associazione onlus "I compagni di Jeneba" per rispondere alla richiesta di integrazione
– Ma perché Jeneba che è una bambina deve sposare un uomo anziano? Non lo capisco proprio!
– Ma perché i bambini ballano in ospedale?
– Giocano a calcio come noi???
– Mamma mia ,non hanno neanche i quaderni?
Queste sono alcune delle tante domande che i nostri bambini hanno posto a Monica,dopo aver seguito con attenzione un video che testimoniava la vita difficile e “strana” dei bambini di Goderich,villaggio vicino a Freetwon in Sierra Leone.
I bambini non sanno che esiste una realtà molto diversa dalla loro o magari ne hanno sentito parlare ,ma fino a quando non ci entrano in contatto, per loro rimane un mondo indefinito e forse inconcepibile.
Ma andiamo con ordine.
Jeneba è una bambina della Sierra Leone, protagonista di un racconto studiato dagli alunni sierraleonesi della classe sesta che riesce a realizzare il sogno di frequentare la scuola del villaggio in cui vive, proseguire gli studi in città sottraendosi al destino di andare in sposa ad un anziano del villaggio , diventare infermiera in Inghilterra, ritornare nella propria terra e fondare un ospedale.
Jeneba rappresenta l’infanzia della Sierra Leone a cui è negato il diritto allo studio e quindi ad un futuro dignitoso.Per questo è diventata il simbolo dei Compagni di Jeneba.
Monica è Monica Olioso, fondatrice insieme a Massimo Fanelli dell’associazione di volontariato apartitica e aconfessionale“I compagni di Jeneba“.
L’associazione persegue finalità di solidarietà in ambito socio- assistenziale in Italia e nei Paesi in via di sviluppo,attraverso iniziative educative in favore di soggetti svantaggiati e si rivolge in particolar modo all’infanzia.
Massimo e Monica sono andati più volte in Sierra Leone, grazie al rapporto che li lega ad Emergency e al supporto di centinaia di sostenitori, scuole primarie e soci sparsi in tutta Italia con una particolare concentrazione tra i comuni di Senigallia e Falconara, in Lombardia ed in Veneto.
Azioni dirette e relazioni che promuovono dal 2004 e che nel settembre 2011 si sono concretizzate in una associazione ONLUS con sede legale a Senigallia.
“L’istruzione è il motore fondamentale dello sviluppo personale“. Per i Compagni di Jeneba questa frase di Nelson Mandela è la loro mission in Sierra Leone.
“L’istruzione è una naturale risorsa anticrisi e fattore di sicurezza sociale. Non scolarizzare un bambino vuol dire ritrovarlo per strada ad aggiungersi a gruppi più o meno potenzialmente devianti..” (periodico Valori “Tracollo educativo“).
Ecco perché per i Compagni di Jeneba è fondamentale sostenere la scuola e permettere a tutti di potervi accedere.
Massimo e Monica, per questo motivo, hanno operato nel quartiere di Goderich dove hanno dotato oltre 1500 bambini del materiale occorrente per studiare,dove hanno eseguito riparazioni alla scuola e dove si impegnano per rimuovere gli ostacoli che impediscono o limitano l’accesso alla scuola da parte degli alunni.
I nostri infaticabili amici hanno realizzato gemellaggi tra scuole primarie italiane di varie regioni e le scuole primarie della Sierra Leone e da qualche tempo hanno dato il via anche ad un progetto di “Adozione a distanza“ che darà la possibilità a bambini in età prescolare di essere tolti dalla strada, essere inseriti nell’asilo per arrivare poi alla scuola primaria con 10 euro al mese per ogni bambino.
Noi insegnanti della scuola primaria di Cesano, grazie anche alla sensibilità dei genitori dei nostri alunni, abbiamo aderito al loro progetto di “Sostegno a distanza“,adottando per un anno 5 bambini di Goderich.
Abigail, Winifred, Kadija, Steven ed Onynechyi sono già da due mesi i nostri “fratellini” più piccoli le cui foto campeggiano in una parete della nostra scuola, insieme alla cartina della Sierra Leone.
Con un euro al mese che ogni alunno versa puntualmente alle proprie insegnanti, oggi i nostri bambini si sentono già più responsabili e più grandi e forse, dopo l’intervento di Monica a scuola, già più consapevoli di come esistano realtà diverse dalla loro e sicuramente più difficili.
E tutti noi, alla fine di questo percorso che abbiamo appena intrapreso e che prevede varie modalità di relazione con i bambini sierraleonesi, li avremo aiutati a crescere con una visione del mondo più ampia e senza pregiudizi per il solo fatto di averli messi in contatto con una realtà che non conoscono.
Il progetto va visto in un’ottica di educazione alla multiculturalità,che può aiutare i nostri bambini a capire che nella diversità c’è confronto ed arricchimento.
L’altro è una ricchezza ed è solo con la valorizzazione delle somiglianze e delle differenze che si supera ogni forma di discriminazione e di intolleranza.
Oggi l’Educazione alla Cittadinanza nelle nostre scuole è diventata molto marginale ed occasionale e forse va rivista alla luce di un’ottica più ampia.
Con la globalizzazione la fisionomia del mondo sta mutando e si stabiliscono nuovi rapporti che vanno oltre gli stati nazionali.
C’è la necessità di formulare un modello di cittadinanza mondiale intorno ad obiettivi educativi quali l’approccio ai problemi come membri di una società globale e la comprensione e l’apprezzamento delle differenze tra i popoli.
E’ necessaria quindi una cultura civica globale che conduca i nostri alunni a considerare se stessi e gli altri come membri di una sola specie, a riconoscere che gli uomini possono avere opinioni, comportamenti e punti di vista differenti, ma che nella relazione si possono individuare gli apporti specifici della propria e delle altrui culture.
Un curricolo così rinnovato è un passaggio fondamentale nelle nostre scuole per rispondere alla domanda di democrazia delle nostre società.
Adottare a distanza per noi ha questo significato. E’ il perseguimento di questi obiettivi affiancati da azioni contenuti concreti che terranno al riparo i nostri alunni da tanti discorsi a volte difficili,a volte inutili.
La prova che sia questa la strada da percorrere sta nell’intervento di una bambina di classe terza della nostra scuola:
“Maestra,ma perché dobbiamo dire uomini di colore? Uomini sono e uomini si dicono” .
di Floriana Giacchini
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