Serra de’ Conti, appello di Villani contro l’abbandono del monastero
Edificio in degrado: "Il Comune non si sottragga a responsabilità" verso la comunità delle Clarisse
Il recente abbandono del monastero di S. Maria Maddalena di Serra de’ Conti da parte delle monache Clarisse ha destato sconcerto nella comunità locale, perché è apparso improvviso e incomprensibile. Il vuoto lasciato dalla loro partenza è apparso subito inaccettabile, soprattutto se si pensa che la presenza discreta, ma fortemente sentita delle religiose ha accompagnato per secoli la vita della comunità.
Il monumentale edificio monastico che si erge maestoso su un lato del paese, attribuendogli una connotazione urbanistica inconfondibile, è un po’ come la metafora del ruolo da sempre avuto localmente dalle monache francescane.
L’edificio, la cui prima fondazione risale all’età medievale, è stato edificato nelle forme odierne cinque secoli fa per volontà della comunità locale; è stato poi ampliato fra ’600 e ’700, restaurato ripetutamente negli ultimi decenni, sempre oggetto di attenzione e di affetto da parte degli abitanti in una mai interrotta reciprocità di scambi umani e religiosi, pur nei limiti di una clausura, che mai è stata intesa come esclusione.
La testimonianza più evidente e convincente del ruolo avuto da questa istituzione religiosa nella vita del paese è data dal "Museo delle Arti Monastiche", una realtà culturale unica in Italia, fortemente voluto dall’Amministrazione Comunale nel 2002, anche come rappresentazione verso l’esterno della vita e della storia dello stesso monastero e del suo legame con la comunità locale, che si manifestava non solo nella preghiera, ma anche in quei lavori di artigianato che hanno costituito nel tempo un tramite continuo di relazioni con la gente.
Ora anche questa importante istituzione culturale rischia di perdere la sua ragion d’essere con la cessazione della comunità monastica allo stesso modo della bellissima chiesa barocca, oggetto di tanti restauri e molto frequentata dai fedeli, senza considerare le attese create dal processo di beatificazione di suor Maria Giuseppina Benvenuti (la "Moretta"), che viene a perdere inevitabilmente la sua spinta principale.
Le attenzioni e le cure affettuose che il paese ha sempre dedicato a questa piccola comunità di suore e il ruolo da esse avuto da così tanto tempo impone una particolare sollecitudine alle autorità ecclesiastiche verso i suoi abitanti, tanto più che il ripristino della vita claustrale e la ricostituzione di una nuova comunità sono fortemente volute e richieste dal paese.
Oltretutto l’imponente edificio, una volta abbandonato, si avvierà inevitabilmente verso un rapido degrado, data anche l’impossibilità di destinarlo ad altri usi. Il non utilizzo renderà anche ingiustificabile e quindi impossibile la prosecuzione dei lavori di restauro preventivati per l’ala posteriore.
Invece il rientro delle religiose potrebbe costituire uno stimolo al completamento di questi lavori e l’amministrazione locale non vorrà sicuramente sottrarsi alle sue responsabilità, facendosi portavoce di questa necessità.
da Virginio Villani
Perchè le clarisse hanno deciso di andare via?
Ma i "fedeli" dove stanno e non fanno nulla? Tutto va bene evidentemente! L'evento è passato indifferente. Chiudere il Monastero è come bere un bicchier d'acqua
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