Probabili rifiuti tossici nelle discariche di Corinaldo, Castel Colonna, Moie
L'episodio è del 2003: il processo alle "ecomafie" è partito nel 2011, alte le possibilità di prescrizione
L’episodio risalirebbe ormai al 2003: secondo l’ipotesi accusatoria oltre 20 mila tonnellate di rifiuti tossici spacciati per rifiuti urbani, sarebbero stati scaricati nelle discariche di Corinaldo, Moie e Castel Colonna. Il presunto profitto si sarebbe dovuto aggirare intorno ai 500 mila euro, per un volume di affari pari a 1 milione e mezzo di euro. Ma non sarebbe interessata solo la zona della Valmisa da questo avvelenamento.
Il Pubblico Ministero Massimo Di Patria, attraverso i Carabinieri del Noe di Ancona, ritiene di aver accertato che almeno 12mila tonnellate di rifiuti provenienti dal Nord Italia venivano smaltite nelle discariche di Tavullia, Monteschiantello di Fano e Barchi, consentendo ai presunti autori del raggiro di incassare almeno 1 milione di euro di profitti, con un’evasione dell’eco tassa da pagare alla Regione pari a 30mila euro oltre al mancato pagamento dell’Iva per 50mila euro.
Il versamento di fanghi e liquami tossici, circa 12mila tonnellate, sarebbe avvenuto all’aria aperta nelle cave sopra citate. E’ importante specificare che i suddetti siti distano poche centinaia di metri dalle zone abitate. L’episodio più eclatante sarebbe quello riguardante la cava dismessa di Solazzi di Carrara, dove, con la scusa del ripristino del manto erboso, sarebbero stati riversati nel terreno rifiuti tossici speciali che avrebbero dovuto essere smaltiti negli inceneritori.
Secondo la popolazione locale nell’ultimo decennio, data che coinciderebbe con l’inizio dello smaltimento illecito, sono aumentati in modo esponenziale nella zona i casi di malattie tumorali, e la presenza di malformazioni congenite nei nascituri.
La correlazione tra rifiuti e aumento delle malattie non è mai stata fatta entrare nel processo, nonostante dal rapporto di Legambiente, stilato annualmente, siano emerse non poche anomalie per quello che concerne le statistiche riguardanti l’incremento di patologie gravi e anomale nelle zone limitrofe alla discariche imputate.
Secondo la procura invece, vi sarebbe in maniera lampante la complicità degli enti controllori. Secondo sempre l’ipotesi accusatoria venivano infatti attestati trattamenti mai avvenuti attribuendo alla ditte di trasporto in questione l’esistenza di macchinari e impianti per lo stoccaggio mai posseduti, in cambio di tangenti da 6mila euro.
Proprio allo scopo di arginare tale fenomeno riconosciuto con il nome di Ecomafia, negli ultimi anni sono stati fatti preziosi passi avanti che comportano il coinvolgimento della direzione nazionale antimafia non più soltanto a titolo di analisi del fenomeno, ma con competenze specifiche in materia di rifiuti.
Venerdì 11 novembre 2011 a Pesaro è iniziato il processo. I capi di accusa, che pendono sulle ditte appaltatrici della gestione delle discariche e sui controllori, sono associazione a delinquere finalizzata allo smaltimento di rifiuti tossici provenienti da fabbriche di Treviso, Venezia, Bologna, Ferrara e Salerno. Gli imputati sono 65, le parti civili 4.
E’ importante sottolineare che gli imputati rimasti al processo sono meno della metà di quelli iniziali, perché è già intervenuta la prescrizione per coloro che rispondevano alle sole violazioni ambientali. Il processo è stato aggiornato al 29 gennaio e, le possibilità che tutti i capi di imputazione cadano in prescrizione prima della fine del processo, sono molto alte.
Che c'entrano Castel Colonna e Corinaldo se i rifiuti tossici venivano smaltiti nelle discariche di Tavullia, Monteschiantello di Fano e Barchi?
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