Intervista esclusiva a Mauro Uliassi: chef internazionale che dà lustro a Senigallia
Chiacchierata tra passato, presente e futuro col cuoco pluripremiato dalle guide Michelin e Gambero Rosso
Il nome di Mauro Uliassi è legato oramai in maniera inscindibile a quello dell’alta cucina Italiana. Ecco qua uno spaccato che ci lascia intravedere, oltre al grande cuoco, anche “l’uomo” Uliassi, in una chiacchierata che ripercorre le origini delle sua avventura nel mondo della ristorazione che lo ha portato recentemente a convegni in giro per il mondo a testimoniare l’eccellenza italiana tra i fornelli.
27 maggio 1990 apertura del ristorante che porta il suo nome: una suggestione, un ricordo o un aneddoto indimenticabile di questi primi incredibili ventuno anni, conditi da innumerevoli successi
Gli anni iniziali sono letteralmente volati. Quello che ricordo con più piacere è la “leggerezza” che contraddistingueva il mio lavoro, e quello delle persone che mi affiancavano a quei tempi. Nonostante avessimo avuto fin da subito una risposta più che positiva da parte della nostra clientela, non avevamo una cognizione complessiva del lavoro che stavamo facendo. Ricordo in particolare, con quanto affetto venissimo seguiti da alcune famiglie particolarmente in vista nel senigalliese, che ci incoraggiavano nel nostro operato.
L’edizione della Guida 2011 della “Michelin” assegna due stelle al Ristorante che porta il suo nome. In tutto sono solo 6 i ristoranti che hanno tre stelle e sono 37 quelli con due stelle (su 2.392 ristoranti testati). Senza parlare delle tre forchette assegnate dal “Gambero Rosso” pochi giorni fa. Come ci si sente ad essere nel gotha culinario nazionale e internazionale?
Sempre per rimanere in tema di premi e riconoscimenti, “L’Espresso” ci ha inserito nella lista dei migliori cinque ristoranti italiani. Comunque, arrivare a certi livelli di eccellenza è sicuramente difficile, ma ancora più difficile è confermarsi ogni volta ai vertici. E’ questa la vera sfida, e l’unico modo per essere sempre competitivi, è lasciarsi alle spalle premi e onorificenze e guardare sempre in avanti verso la prossima sfida.
E’ noto che, tra le sue numerose esperienze, c’è stato un periodo di solido apprendistato sia in Francia che in Spagna. Quali delle esperienze all’estero sono state più formative per lei? Dove ha imparato di più?
Sicuramente le esperienze all’estero, ma anche quelle italiane, giocano, e hanno giocato un ruolo da protagonista per la mia formazione. Una delle tappe fondamentali del mio percorso, è sicuramente l’incontro in Spagna con Ferran Adrià, che io considerò personalmente il “Mozart” dei fornelli.
C’è una cucina in particolare, oltre quella italiana (ed i suoi piatti), che gusta con particolare piacere? E c’è uno chef di cui ammira l’estro culinario?
Personalmente, trovo interessanti e piacevoli tutte le cucine. Ogni cucina infatti, è l’espressione della cultura, della storia e della filosofia di un determinato paese. Dietro un indefinito abbinamento di pietanze, si celano tutto un mondo di suggestioni che sono parte integrante dell’essenza di quel paese.
Tra i grandi chef, sia a livello nazionale che internazionale, c’è uno scambio reciproco e costruttivo o soprattutto invidia e gelosia? I grandi cuochi, in quanto artisti spesso coccolati e vezzeggiati, si considerano delle primedonne o nella maggior parte dei casi sono persone “umili”?
Una volte forse c’era più competitività intesa nella sua valenza più negativa, che quasi poteva sfociare in gelosia. Oggi invece esiste una grandissima collaborazione estremamente costruttiva du cui beneficiamo tutti quanti. Un esempio di questo grande sentimento di cooperazione è la creazione di un associazione che risponde al nome de “I Cavalieri della ristorazione italiana” di cui , io e altri miei 15 esimi colleghi facciamo parte. Per quello che riguarda l’essere “prime donne”, può capitare che dopo una grande affermazione, alcune persone, cambino la percezione di loro stessi; questa non è una regola matematica: ogni individuo è una storia a se.
Il suo lavoro la porta a consolidare i piatti di sua creazione, ma anche e soprattutto a cercare continuamente stimoli per trovare cose nuove. Da dove trae l’ispirazione per “inventare” i suoi “piatti”? Parte tutto da una suggestione, un’idea, o dallo studio?
Tutti i piatti che escono dalla mia cucina sono frutto di un’idea o di una suggestione che però viene resa reale solamente grazie ad una attenta e meticolosa fase di studio. Io e la mia equipe, costituita da 4/5 cuochi, ci riuniamo per circa quarta giorni all’anno, durante i quali facciamo dei “brainstorming” che possono durare anche ore. E lì che viene concepito il nuovo piatto. Si può partire da qualsiasi parte, magari da un ricordo dell’infanzia collegato alla cucina dei nostri nonni, o magari ad una particolare folgorazione avuta in circostanze extra lavorative.
Come si vede Mauro Uliassi fra dieci anni? Ci potrebbe essere lo stimolo di cercare nuove esperienze o la voglia è quella di consolidare sempre di più il ristorante che porta il suo nome?
Da questo punto di vista penso di avere una visione molto “Zen”. Non penso mai al domani, ma credo sia fondamentale vivere il presente, attimo per attimo. La presenza mentale in quello che faccio penso sia un ingrediente fondamentale del mio operato.
Sappiamo che lei si prodiga in attività di volontariato ed ha messo in campo collaborazioni con ragazzi che hanno delle difficoltà. Ce ne può raccontare almeno una di queste esperienze?
Una delle esperienze più importanti e significative, riguardano la collaborazione con la Fondazione Paladini di Falconara. L’associazione che ha come presidente il Dott.Roberto Frullini, si occupa di tutte le malattie di carattere neuromuscolare. Grazie a questa collaborazione siamo riusciti ad aiutare un ragazzo affetto da sla a realizzare il suo sogno: diventare un cuoco. In pratica, tramite un pc dotato di webcam situato nella cucina della ristorante, questo nostro amico che risponde al nome di Luca Bernardi può collegarsi ogni volta che vuole e “sbirciare” tutti i segreti del mestiere. Oramai tra me, lo staff e Luca è nata un’amicizia sincera; non a caso i collegamenti hanno cadenza giornaliera.
Cosa ne pensa del lavoro di Gualtiero Marchesi con l’azienda McDonald? Il suo panino “McItaly Adagio” ha riscosso molto successo, ma uno Chef della sua caratura per quale motivo decide di compiere un passo del genere, affiliandosi alla grande distribuzione? Si fa per denaro?
Francamente non penso mai a quello che fanno gli altri. Preferisco concentrarmi sul mio operato. Per quello che riguarda Gualtiero, che tra l’altro è un mio grandissimo amico, credo che la cucina italiana gli deva tantissimo: è stato il primo a sdoganare la cucina così detta “da trattoria” e portala nei ristoranti di elite.
Uliassi-Cedroni… Avere un cuoco altrettanto importante nei dintorni è di stimolo oppure offusca un po’ la leggenda che Uliassi si è costruito in questi anni? Essere da “solo” non avrebbe portato (a livello locale e regionale) il vantaggio dell’esclusività nel campo dell’altissima cucina….?
Assolutamente no. Avere una figura così influente nel mondo gastronomico Italiano a pochi passi da me è in primis un motivo di stimolo e crescita continua. Poi, permette di avere ad entrambi, ancora più visibilità a livello nazionale. Insomma, da qualsiasi angolazione la guardiamo, ci sono solo aspetti positivi.
Cosa bolle in pentola per il futuro più prossimo? Quali sono gli appuntamenti o le iniziative più imminenti e singolari che sono segnate sulla sua agenda?
Un evento che c’è stato già e che abbiamo già messo in conto di ripetere nel 2012 è quello riguardante lo “Street Food”. In occasione della rassegna senigalliese “Pane Nostrum” abbiamo avuto modo di sperimentare questa nuova forma di gastronomia. Ovvero, tramite un mezzo mobile attrezzato a dovere, siamo stati in grado di portare la cucina di eccellenza in mezzo alla gente. La risposta del pubblico è stata grandiosa, e il motivo a mio avviso è semplice: oltre a poter garantire un cibo di qualità a costi popolari, si è potuto libera un tipo di cucina blasonata, dalla sua sovrastruttura estetica, lasciandone la sola pura sostanza.
Lei è appena ritornato da un doppio convegno a Caracas. Per l’ennesima volta è stato ambasciatore delle cucina Italiana, e ancor più della sua città nativa Senigallia. E’ ancora oggi motivo di orgoglio o con il tempo ci si abitua a tanto blasone internazionale? Le va di spendere alcune parole per raccontare questa esperienza?
E’ stata una esperienza bellissima. Come già detto in precedenza, la cucina di un paese ne rispecchia la storia e la cultura, poterla vivere in prima persona è per me un privilegio. Rappresentare la propria terra è sempre motivo di orgoglio. A Caracas siamo stati accolti con grande calore, abbiamo avuto l’opportunità di conoscere tutti i grandi cuochi venezuelani, e cenato nei loro ristoranti. Ringrazio personalmente Massimo Bottura che mi ha coinvolto in questa bellissima esperienza e, un grazie di cuore va anche a Guido Tassini che ha magistralmente organizzato l’evento.
di Massimo Mariselli e Lorenzo Ceccarelli
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