Volti e nomi della Senigallia celebre, ma modesta n°14: Riccardo Gambelli
Solamente otto anni dedicati all'arte della fotografia, poi l'intera vita alla famiglia…
Solamente dopo aver letto le note biografiche e critiche di due “Penne” quali quelle di Silvano Bicocchi e di Marcello Sparaventi, che accompagnano la raccolta di fotografie dal titolo “Niny, del gruppo Misa –Riccardo Gambellifotografie dal 1952 al 1960“, ho compreso immediatamente in quale avventura mi ero cacciato. Difficile competere con loro, se non addirittura impossibile, nell’usare termini più consoni e lusinghieri atti ad illustrare la sua figura.
Che cosa dire di più di quello che loro già non hanno rivelato, per come lo hanno fatto e senza correre il pericolo di cadere in inutili ripetizioni. Ma del resto mi sono assunto questo impegno, ho fatto pressione per conoscerlo, per fargli domande, conoscere i segreti che avevano influenzato la sua arte. Non potevo, alla fine, tirarmi indietro.
Avevo poi, due buoni motivi che ritenevo e ritengo, fossero più che validi: il primo, perchè Riccardo Gambelli, il 7 giugno ha tagliato il traguardo delle sue prime Ottanta primavere, portate con un invidiabile spirito giovanile. Di conseguenza ritenevo giusto porgli in questo modo, gli Auguri di tutta una città, la sua; che seppur nel corso di un breve periodo, l’ha immortalata nei suoi lati più artistici, fissando sulla pellicola dei suoi rullini fotografici, usi, costumi, paesaggi, personaggi e tradizioni di un tempo, che sarebbero andati perduti, restando così, sconosciuti alle nuove generazioni.
Secondo, perchè nei giorni antecedenti questo suo compleanno, si è fatto un gran parlare di fotografia. Si sa bene, che quando a Senigallia si parla di “foto“, è assolutamente impossibile non parlare di Mario Giacomelli. E’ anche vero però, che se oggi Senigallia è considerata come “Città della fotografia“, questo merito è da si imputarsi tutto, al grande Giacomelli, ma è anche vero che diversi sono i tasselli del mosaico, che hanno contribuito a foggiare questo appellativo.
E credo che Riccardo Gambelli rappresenti, per l’appunto, uno di questi.
Infatti il suo interesse ed i suoi primi scatti, nascono nel lontano 1952, quando, come mi dice durante il nostro incontro: “… a quei tempi la fotografia era ritenuta cosa da ricchi, se non proprio da snob. E non è neppure che così non fosse, almeno per quel che riguarda i costi. Infatti non è che si fa come oggi, nell’era del digitale, che si spara una serie di click in successione a mitraglia… quella volta si centellinavano gli scatti… il rullino costava non poco, relativamente allo stipendio di quei tempi. Allora prima si doveva studiare lo scatto dentro la testa ed era lì che nasceva l’immagine. Poi si valutava la luce, il soggetto… insomma si costruiva la foto e se tutto non quadrava come si voleva, magari si ritornava il giorno dopo…
Devi sapere che Ferroni (altro fotografo del gruppo, Ndr) voleva fotografare la “Fontana delle Anatre” e per via della luce ci è andato avanti per un mese e poi alla fine non so neppure se l’abbia fatta“.
In quei tempi conosce vari personaggi che faranno poi la storia della fotografia a Senigallia, siano essi locali o forestieri. Tra i locali, conosce appunto il Mario Giacomelli ancora più “tipografo” che fotografo. Anch’egli era alla ricerca ed alla scoperta di quest’arte che sarebbe entrata poi come droga nel loro sangue giovanile.
Mi racconta, ma ormai questa è storia risaputa, della foto che campeggia sull’ultima di copertina del suo citato libro, dove Mario immortalò un giovane Riccardo nei panni di precursore di quelli che sono i nostri “modelli” d’oggi.
“… era la stessa cosa che poi facevo anch’io con lui – dice Gambelli – ci serviva per provare la luce, le ombre, le pose… “.
Il personaggio però che li ha indirizzati, influenzati, arricchiti nel e per fare il balzo di qualità è un avvocato forestiero che passava il periodo estivo nella “Spiaggia di Velluto”: Giuseppe Cavalli, che fa comprendere loro come l’Arte ha la necessità che l’artista possieda anche un bagaglio culturale variegato e come questa non fosse da confondersi con la semplice tecnica. E solo quest’ultima si poteva insegnare. L’arte era un qualche cosa di più nobile che nasceva dentro.
Parlando mi avventuro a domandargli, come gli è venuto in mente, dopo anni di silenzio, di pubblicare questa raccolta di foto: “Devi sapere che nel 2006 o 2007, non ricordo con esattezza, mi dicono che su Internet ’giravano’ una decina di mie foto. Allora per pura curiosità mi sono messo alla ricerca di chi le avesse pubblicate. E così sono risalito al fatto che a Fermo, c’era un fotografo, un certo Crocenzi, che scriveva, anni addietro, sul giornale di fotografia “Ferrania” e possedeva un archivio con migliaia di foto. Quando ha cessato l’attività, l’archivio è stato acquistato dalla CRAF (Centro Ricerca Archiviazione della Fotografia). Tra queste, ce n’erano diverse anche mie, una decina, scelte da non so da chi, perchè o come. Poi a sua volta un editore di Lestans (PN), ne ha pubblicata una sul suo catalogo che ha fatto, senza esagerazione, il giro del mondo“.
E già di per sè, che questa scelta su migliaia di foto, fatta da chi se ne intende, sta ad indicare come la ’classe di Gambelli, come si usa dire, non fosse acqua’!
Osservando le foto contenute nel libro, l’occhio mi era caduto sulla loro didascalia, che la maggior parte delle volte riporta come descrizione “Senza titolo” seguito dall’anno ed infine “provino“. La mia curiosità mi spinge allora a chiedergli delle spiegazioni. Sorridendo mi risponde “Semplicemente perchè sono effettivamente dei provini, nient’altro che la stampa del negativo. A pensare che li avevo giudicati come degli scarti, che avevo dimenticato in una scatola, ed oggi, dopo tanto tempo li ho recuperati e me li hanno pubblicati… ma sai quanti altri ne ho…??”
E’ sempre difficile creare una graduatoria di preferenza su delle opere d’arte, tanto più per uno come me che non è di mestiere e ancor meno un critico. Quindi la mia attenzione è stata attratta solo dalla curiosità di conoscere, sapere, stuzzicare una risposta.
Una di queste foto, appunto, titolata “Poveri alla finestra” del 1953, agli esordi quindi della sua carriera, mi suggerisce la domanda: “Se dovesse fotografare la povertà d’oggi, che certamente è cambiata rispetto quella di ieri, come o dove andrebbe a scegliere il soggetto?”
Con la pacatezza che distingue le persone sagge: “A Senigallia non vedo più una giusta inquadratura, forse in qualche vecchio paese, forse un qualche ritratto particolare di persona… sicuramente sarebbe più facile fotografarla, che so, in India o in altri paesi del terzo mondo“.
Chiedo ancora: “Gambelli che cosa ne pensa delle nuove tecnologie del mondo della fotografia moderna? Secondo lei, sviluppano o frenano la fotografia intesa ovviamente come Arte dell’immagine?”
“Vedi, ho come la sensazione che l’Arte della fotografia, con questi potenti mezzi, come arte, ben s’intenda, vada avanti piano, quasi che facesse un passo indietro!”
Mi avventuro allora in un’altra domanda che vuole essere tecnica, ma come quella del fotografo della domenica: “Una foto da sbandierare poi l’indomani come “artistica” è meglio realizzarla in Bianco e Nero o a colori… non sarà mai artistica se a scattarla non è un artista, come diceva Cavalli… ma un suo consiglio per farsi belli l’indomani?”
“Certamente, senza dubbio, il B/N. L’effetto del colore è più immediato e d’impatto. Ma il B/N non si creda che sia facile da realizzare. Io preferivo usare il tono più delicato e morbido del grigio, senza le prevalenze di neri o di bianchi: un esempio? la foto “Incendio alla Cascina” (1952)“.
Chiacchierare con Gambelli, più passa il tempo, più fa si che gli argomenti si allontanino da quelli che vertono sulla “sua fotografia“. Diventa un ripercorrere le tappe della sua vita, che lo hanno portato da giovane e semplice fattorino di telegrammi, ad artista, responsabile capofamiglia, impiegato ai telegrafi ed infine dirigente di Poste e Telegrafi nella sede senigagliese.
Orgogliosamente, e ne ha più di un motivo, mi dice: “Vedi, in tutto quello che ho fatto nella mia vita, ci ho messo entusiasmo e passione e sono riuscito a farlo nel migliore dei modi“.
Otto anni nel mondo del bianco e nero, con risultati più che soddisfacenti, che ha saputo però abbandonare perchè la famiglia che voleva crearsi, chiedeva giustamente la precedenza. Poi la precedenza più assoluta la ebbero i due figli adolescenti, quando l’immatura scomparsa della moglie Vittoria, lo rese vedovo.
Figli di cui mi parla con l’orgoglio di un padre felice dei risultati da loro raggiunti: Anna a suo tempo laureatasi e Luigi, oggi al “Timone“, mi si permetta il gioco di parole, dell’azienda che ha vinto tante “regate” nel mondo commerciale e tante altre si appresta a vincerle. Figli di cotanto padre, tanto generosi e riconoscenti anch’essi, da dedicargli e curare l’edizione del volume di cui si è parlato sopra.
E mentre mi racconta tutto questo, facciamo quattro passi e mi porta sul molo dove è attraccata la sua barca a vela e con la quale ha vinto, realmente, diverse regate. Quattro posti letto, un bagno, motore ausiliario… con un solo rammarico: vorrebbe usarla più spesso! Eh si, perchè Riccardo Gambelli, è stato anche un abile velista.
Non so valutare, per mia ignoranza in materia, le qualità di Riccardo Gambelli artista-fotografo. Mi sarebbe anche facile, buttare giù degli aggettivi, magari copiandoli, che però suonerebbero falsi ed irriverenti, nei suoi confronti, proprio perchè artefatti ed espressi da uno che non è un addetto ai lavori. Altri, ben più preparati, hanno assolto questo compito descrivendone i giusti suoi meriti artistici.
Mi si permetta, però, di spendere, da semplice uomo, due parole sul Riccardo Gambelli, anch’esso uomo, marito e padre. Con lui ho parlato per quaranta minuti circa di fotografia, ma per ben oltre un’ora, sul molo del porto turistico, si è discusso di giovani, di famiglia, di figli, di barche, di politica. E la scoperta che ho fatto, almeno ai miei occhi, è stata quella di aver incontrato più che un amante della fotografia, ma non un fanatico, un uomo entusiasta della sua famiglia, della vita che lo circonda, di tutto quello che ha fatto e soprattutto per come lo ha fatto.
Testo di Franco Giannini
Foto tratte dal libro “Niny, del gruppo Misa – Riccardo Gambelli fotografie dal 1952 al 1960″ a cura di Anna e Luigi Gambelli e Omnia Comunicazione Editore. Ottobre 2010
Gambelli è un uomo onesto e un importante fotografo da non dimenticare...
Marcello Sparaventi
www.centralefotografia.com
Per poter commentare l'articolo occorre essere registrati su Senigallia Notizie e autenticarsi con Nome utente e Password
Effettua l'accesso ... oppure Registrati!