L’omaggio di Senigallia ad Akira Kurosawa si conclude con "Ran"
Il film del 1985, uno dei capolavori del cineasta giapponese, all'appuntamento di martedì 19 aprile
Si conclude martedì 19 aprile, l’omaggio al grande cineasta Akira Kurosawa alla Piccola Fenice di Senigallia, con la proiezione del film “Ran”. La rassegna rientra nella Stagione cinematografica 2010-11 di Senigallia, con la cura del circolo Linea d’ombra. L’inizio delle proiezioni è previsto alle 21.15. Ingresso con tessera.
Prodotto con la Francia e uscito nel 1985, “Ran” (caos, tumulto) è basato sulla tragedia “Re Lear” di Shakespeare. Il film riscosse talmente tanto successo a livello internazionale da essere considerato uno dei massimi raggiungimenti artistici di Kurosawa.
Autore dalla carriera lunghissima e brillante, discendente da una nobile famiglia di samurai,Akira Kurosawa è il più importante e acclamato cineasta giapponese. È stato regista, sceneggiatore, produttore cinematografico e i suoi film sono considerati dei cult in tutto il mondo. La sua storia cinematografica inizia come assistente sceneggiatore nel 1936 e finisce solo nel 1998, anno della sua morte.
Il film “Ran” ricevette plausi soprattutto per l’uso dei colori e per le potenti immagini, che hanno fatto parlare la critica di un “Kurosawa pittore”. La pellicola ha vinto il premio Oscar 1986 per migliori costumi (realizzati da Emi Wada), due National Board of Review Awards 1985 come miglior film e miglior regista, David di Donatello 1986 come miglior regista straniero. Molti apprezzamenti ebbe infine anche la musica, orchestrata su tratti mahleriani e soffusi, composta da Tōru Takemitsu.
La trama è incentrata su un attempato signore della guerra Hidetora, negli anni della Sengoku-era (1500), che ormai stanco decide di abdicare in favore dei suoi tre figli Taro, Jiro e Saburo. Proprio quest’ultimo, intuisce quali tragedie potranno scaturire da questa spartizione. Contrario alla decisione del padre, viene cacciato. Ma come aveva ben visto, gelosie, tradimenti, sete di potere e tragedie si susseguono. I due fratelli rimasti eredi si combattono e uno dei due, Taro, viene ucciso in battaglia, mentre l’altro, Jiro, prende su di sé tutto ciò che resta, compresa la vedova. Nel frattempo il vecchio Hidetora impazzito inizia a vagare tra i boschi, accompagnato da uno scudiero e dal buffone. Il figlio diseredato Saburo si mette alla ricerca del padre, nonostante il fratello Jiro, che morirà sul campo, gli stia dando battaglia. Quando lo trova, Saburo viene però colpito a morte e anche il padre muore infine sul cadavere del figlio. Le campagne rimangono disseminate di cadaveri. L’unico superstite è il fratello della principessa Suè (la prima moglie di Jiro, da questi fatta uccidere), un giovane cieco, vittima sia di Hidetora che del fato che della crudeltà umana.
La storia è basata sulla leggenda del daimyo Mōri Motonari, oltre che sulla tragedia shakesperiana. Fu l’ultimo lavoro “epico” di Kurosawa, che disse “Ciò che mi ha sempre dato da pensare in King Lear è che Shakespeare non dà un passato ai suoi personaggi. In “Ran”, ho tentato invece di dare al re Lear una sua storia”. Una storia che coglie spunti anche da Macbeth, con gli elementi di follia, inganni, espiazione delle colpe. “Come Re Lear, Ran è una protesta contro l’ingiustizia e la sofferenza immeritata (quella di Hidetora è però meritata), un’interrogazione sul significato dell’erranza umana e del dolore, un saggio sulla decomposizione e il declino del mondo” (Aldo Tassone, Akira Kurosawa, Il Castoro Cinema-L’Unità, 1995).
Questo film fu anche il più costoso film giapponese mai realizzato fino a quel momento, con un budget di 12 milioni di dollari.
La rassegna omaggio ad Akira Kurosawa ha visto la proiezione anche di “Rashomon” e “Il trono di sangue”.
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