La Fiamma Tricolore contro l’Assessore Campanile e il progetto Sballo Positivo
"L'idea è stato un fallimento totale: alla giunta serve un pò di autocritica sugli errori"
Dopo i fatti accaduti al Mamamia, nel bla bla mediatico, s’è sentito di tutto, anche la nascita di un Comitato cittadino di salute pubblica. Senza scomodare Robespierre e le ghigliottine, ora che queste manifestazioni di barbarie giovanile diventano fatto comune, e superano ogni previsione e (per qualche giorno) allarma, si vorrebbe vedere da parte dell’assessore Campanile e da tutta la Giunta di Senigallia qualche ammissione di autocritica e d’errore, che invece manca.
L’assessore nei mesi scorsi è stato il promotore del progetto «sballo positivo». Già nel nome dell’iniziativa c’è qualcosa che suona male, non esiste un sballo positivo, lo sballo è unicamente negativo. Forse l’Assessore Campanile dovrebbe candidamente dire: scusate, dopo i fatti accaduti al Mamamia, la mia iniziativa non ha avuto successo, mi ritiro in una trappa a meditare sulla mia incredibile idiozia, politica e morale insieme.
Allo stesso tempo noi della Fiamma Tricolore chiediamo: quanti soldi sono stati spesi per un’idea che è stato un fallimento totale? Non era meglio destinare quei fondi (dato che ce ne sono pochi) diversamente?
In secondo luogo: perché coinvolgere i giovani con dibattiti e discussioni sterili? Perché volete curare gli «effetti» e non le «cause» che inducono questi ragazzi a demolirsi? Tento una risposta: perché dovreste rimettere in discussione le idee a cui fate riferimento.
Prima del 1968 non si aveva paura di affermare che l’autorità dei genitori, del professore, ma anche del vigile urbano e del passante anziano che si sapeva in diritto di rimproverare il ragazzino spaccatore di vetri con la fionda era il primo fattore del passaggio dall’età infantile a quella adulta, delle responsabilità. Il fatto è che allora, l’osservanza delle regole morali e sociali (non necessariamente il conformismo: conformisti sono i giovanissimi d’oggi, che fanno cose che non vogliono, solo perché «il gruppo» li obbliga, ricattatorio, ad essere «come tutti noi») era coralmente ritenuta la strada per una vita serena e degna.
Ma dal quel momento in poi assistiamo ad un rovesciamento dei valori, ad una pedagogia anti-repressiva che ridicolizza la disciplina ed ogni tipo di autorità. In questa quarantennale pedagogia della stupidità violenta c’entrano tutti: il progressismo dell’educazione post-sessantottino («Vietato vietare») divenuto luogo comune, come le tv di Berlusconi, che scelgono i comportamenti più bassi e meschini possibili in esseri umani come i più degni di rappresentazione, siano nel Grande Fratello o nelle porcherie alla De Filippi subito imitate, ovviamente, dalla Rai di Stato. C’entrano, il sociologismo avanzato giustificazionista, la psicologia di massa trasgressiva e da salotto progressista, la pubblicità puttanesca, la Chiesa di manica larga che ha ridotto il suo messaggio a dottrina sociale senza motivazioni superiori (di cui si vergogna). C’entra, di sicuro la cocaina, le pasticche e i «cartoni» (LSD), le droghe dell’aggressività, vendute in ogni discoteca (e non si dica che le discoteche vanno chiuse). C’entrano i genitori che non negano nulla e insegnano come apprezzare uno dalle griffes che indossa; c’entra la glorificazione massiccia, corale, gridata da tutti i mezzi, dell’arricchimento ingiusto, della furbizia aggressiva, della maleducazione provocatoria, da ciò che resta dopo la fine delle ideologie, l’individualismo nichilista.
Che cosa si può fare? Guardate, non c’è niente da inventare: la pedagogia di un secolo fa, che imponeva la disciplina, certe gerarchie e autorità, aveva dei metodi accertati. Insegnava le buone maniere, che si estendevano anche molto, interiormente, fino alla moralità e al rispetto di sé. Insegnava lo sforzo disciplinato, la ritenzione degli impulsi. Spaccava i branchi giovanili, offrendo antagonismi nobili ed alti, a scuola divideva le classi in achei e troiani. Proponete solo di instaurare di nuovo quei metodi, e tutti vi si avventeranno contro, urlando alla repressione, al bigottismo, all’oscurantismo. E’ questo il vero problema. Qualcosa da fare c’è, i metodi ci sono, ma la società intera si rifiuta di accettarli e di applicarli condannando di fatto i giovani a diventare mostri infelici.
da Riccardo De Amicis
Movimento Sociale Fiamma Tricolore
Sezione di Senigallia
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