Shlomo Venezia, testimone della Shoah alla Fenice di Senigallia
L'incontro dei ragazzi delle superiori con uno degli ultimi testimoni dei Sonderkommando. Di Catia Urbinelli
Il progetto "Per non dimenticare" organizzato dall’Associazione teatrale e culturale "Il Melograno" è partito martedì 26 ottobre con il primo incontro che le classi superiori delle varie scuole senigalliesi hanno vissuto con lo storico Jefte Manzotti. Catia Urbinelli della compagnia teatrale "Il Melograno" racconta a LeG Senigallia questo importante progetto.
"Una lezione di storia per circa 600 studenti diversa dal solito, Manzotti infatti è da anni ormai promotore di una nuova metodologia d’insegnamento che consiste nell’abbinare le parole alle immagini.
Questi incontri sono stati necessari a preparare i ragazzi all’incontro con Shlomo Venezia, uno degli ultimi testimoni della Shoah, e dei Sonderkommando. Autore del libro "Sonderkommando Auschwitz", Shlomo ha letteralmente coinvolto e rapito tutti i ragazzi presenti al Teatro La fenice Mercoledì 27, con il suo toccante e drammatico racconto.
Il Sonderkommando era un corpo speciale di prigionieri scelti per lavorare tra le camere a gas e i forni. Un corridoio di trasporto-cadaveri, per riassumere bruscamente. Un uomo del Sonderkommando estraeva i cadaveri dalle camere a gas, procedeva con i riti della spogliazione e li trasportava all’interno del Krematorium, dove non sarebbe rimasto più nulla di quelle salme senza nome e senza dignità.
Il problema organizzativo dei tedeschi era far sparire i corpi, sbarazzarsene senza fatica. A questo provvedevano gli uomini del Sonderkommando, ai quali veniva riversato addosso un tremendo peso, quello di una sorta di "complicità" con le squadre tedesche. Ma soltanto i tedeschi uccidevano, non è retorico sottolinearlo.
Le SS non volevano testimoni, nessun uomo del Sonderkommando doveva sopravvivere, nessuno doveva raccontare il calvario vissuto e visto all’interno ai lager. "Era solo una questione di tempo: tutti dovevano morire, nessuno poteva sopravvivere", scrive Venezia. Ma Shlomo Venezia è sopravvissuto e ha raccontato.
I 600 ragazzi presenti al Teatro con rispettoso silenzio hanno ascoltato le parole di Shlomo. Dimostrazioni di affetto si sono poi perpetrate dopo l’incontro. Shlomo con la gentilezza e la semplicità che lo contraddistingue si è fermato a parlare coi ragazzi e ha firmato il suo libro. Anche nei giorni seguenti su facebook sono comparsi tantissimi messaggi d’affetto. Un grande ricordo credo sia rimasto nel cuore di tutti noi".
di Catia Urbinelli, compagnia teatrale Il Melograno.
da Libertà e Giustizia Senigallia
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