Aperta fino al 28 ottobre la mostra di Emeric Jakab a Corinaldo
Allestimento nella chiesa del Suffragio a due anni dalla scomparsa dell'artista corinaldese di adozione
Resterà aperta fino al 28 ottobre la mostra antologica di Emeric Jakab a Corinaldo. Una doppia riscoperta. La prima è offerta dalla cornice della chiesa del Suffragio che la ospita. Chiusa da anni, ha rivelato tutta la sua forza di attrazione nello slancio ascensionale, nel raro pavimento di cotto intarsiato, nella dominante pala d’altare del Ridolfi.
La seconda è data proprio dal carattere antologico di una mostra che, a due anni dalla scomparsa, ripropone l’inesausta ricerca di un artista febbrile ed inquieto nel suo lavoro condotto con puntigliosa curiosità su diverse tecniche e sui più disparati materiali.
Pittore, incisore, scultore, Jakab – come ha insistito la presentazione di Fabio Ciceroni di fronte al pubblico dell’inaugurazione – nel passaggio dal figurativo iniziale, ma mai abbandonato, all’informale finale, nello studio assillante sul colore e sul segno, ha finito col produrre una linea coerente che trova nel simbolo la propria unità.
Con dignità e discrezione, con la pazienza delle idee, Jakab ha così aperto uno squarcio sulla sua civiltà di provenienza. Ungherese di nascita, ha rappresentato un tuffo della cultura mitteleuropea nel cuore dell’arte contemporanea italiana fin dal suo arrivo a Corinaldo nel 1978. Con proficue esperienze all’incontro con l’arte marchigiana. Dalla quale peraltro ha appreso con perfetta adesione tecnica lo spirito della grande scuola incisoria urbinate, per lui rappresentata soprattutto da Piacesi e Bruscaglia.
Resta alta, della sua complessa eredità, soprattutto la visionarietà angelica, la razionalità simbolica con cui ha indagato tutti gl’infiniti mondi possibili alla sua arte assetata di verità. Senza angosce ma anche senza illusioni. Con una resistente speranza, invece, nell’uomo e nella sua misteriosa capacità di comunicare attraverso il segno, la carta, la parola scritta intesa quale approdo supremo della civiltà oltre ogni mistificazione mediatica.
Geniale l’allestimento che ha dovuto fare i conti con la ristretta ellissi dello spazio seicentesco, ed affidato alla giovane docente d’arte Paola Costantini. E pieno riconoscimento all’organizzazione dell’inedita iniziativa al comitato “E. Jakab” guidato con tenace passione dalla poetessa Tamara Colombaroni, moglie dell’artista.
da Ilario Taus
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