La scelta del sacchetto di carta per l’umido
Un approfondimento sui problemi legati alla bioplastica
Molti cittadini, che stanno ritirando i nuovi sacchetti di carta SUMUS per l’umido domestico, rimangono un pò perplessi sulla scelta della carta riciclata al posto di quella bioplastica (mater-bi).
Al di là dell’apprezzabile funzionalità del sacchetto, del quale abbiamo parlato in un articolo precedente, in effetti, uno degli aspetti poco rappresentati, nella filiera di gestione del rifiuto umido, è la percentuale di impurezze che giungono con la massa organica all’ingresso dell’impianto di trattamento finale (sia esso di compostaggio o di biodigestione anaerobica e compostaggio).
Tra gli elementi che maggiormente contribuiscono ad aumentare la percentuale di Materiale Non Compostabile (MNC), la plastica (shopper, buste varie) è tra i più rilevanti. Infatti, pur a fronte di un peso specifico ridotto, l’obbligo dell’intervento del gestore d’impianto, per separare tale prodotto non compostabile dalla massa organica, comporta il trascinamento con esso di importanti quantità di frazioni compostabili. L’impiego di bio-plastiche nelle raccolte differenziate non modifica, se non in modo marginale, il quadro. L’utente, infatti, rimasto privo di sacchetti in bioplastica (e questo è un fatto frequente per la debolezza degli stessi, per cui spesso l’utente ne usa due, uno dentro l’altro, per garantirsi sulla resistenza e la tenuta), tende a sostituirli preferibilmente con sacchetti in plastica. Da ciò deriva l’ulteriore confusione.
A bocca d’impianto il gestore, non potendo essere garantito sull’omogeneità della massa di involucri plastici (bio o meno) scarta e smaltisce separatamente tutti gli involucri. In tale operazione viene scartato molto organico perfettamente compostabile. In Piemonte, per tale problema, ci sono impianti che hanno percentuali di scarto del 25-35%. In Toscana siamo su una media del 30%. Adottando un sistema come SUMUS la percentuale di materiale non compostabile risulterebbe solo del 5%.
Il risparmio non è legato solo a questo mancato smaltimento in discarica di materiale processabile, ma anche dall’effettività dell’efficacia della raccolta. Non è infatti giustificabile a livello gestionale che un sistema che spende e fa spendere per attivare la raccolta differenziata dell’umido a monte, deve poi rispendere per conferire in discarica alte percentuali di quanto faticosamente raccolto separatamente.
Può essere interessante sapere che la Regione Piemonte (patria della Azienda leader nel settore delle bioplastiche-mater-bi) ha emanato recentemente una Delibera di Giunta concernente "Criteri tecnici regionali in materia di gestione dei rifiuti urbani”, in cui, per la raccolta differenziata del rifiuto organico umido, invita a preferire involucri in carta rispetto a ogni altro materiale per quanto definito biodegradabile. Ciò non deve stupire in quanto le bioplastiche, indipendentemente dalla loro compostabilità, non possono eludere il fatto di essere confondibili con le plastiche comuni.
da Alberto Di Capua
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