Politica e democrazia
Riflessioni di Barucca e Tombesi, candidati per la Lista Gazzetti: "Smettiamola di votare in base ai simboli"
La struttura politica di una democrazia ha come elemento di base il partito. In Italia avevamo partiti politici di integrazione totale, volti al raggiungimento di progetti ambiziosi, a creare radicali piani di riforme, ma con l’abitudine a pretendere dai propri membri totale impegno e obbedienza alla volontà del partito.
Come una metonimia, trovavamo collegati un’ideologia, un partito, un simbolo e una persona.
Fino agli anni ’80 la politica italiana riempiva tutti gli spazi e dava risposte. Un elettore sapeva dove guardare e sapeva che dietro quella persona, dietro quel simbolo c’era una ideologia.
Non a caso, negli ultimi 20 anni l’universo di simboli è sparito. Né la destra, né la sinistra hanno più simboli storici, tanto che se qualcuno si risvegliasse da un coma ventennale non saprebbe dire, al primo colpo, il settore politico di appartenenza.
Dietro questa sparizione di simboli, c’è, purtroppo, una morte delle ideologie. Niente ideologie, niente simbolo; niente simbolo, niente identità e appartenenza.
Uno smarrimento derivante dal fatto che le ideologie non hanno più rispondenza nella realtà; destra e sinistra appaiono come etichette su grandi contenitori vuoti. E questo non è il futuro.
Ma questa è la politica “ufficiale”, quella di Roma, fatta di accordi trasversali, compromessi, congressi, interrogazioni parlamentari, baruffe e scontri. La politica che riempie i telegiornali e le pagine dei quotidiani.
Una politica che si scorda di un elemento fondamentale, l’elettore.
Un elemento che viene, però, recuperato dalla cosiddetta politica di periferia, quella politica che opera direttamente sulla socialità, indipendentemente dal colore o dall’orientamento ideologico.
Questa politica vive di piccoli traguardi come l’ottenimento di un contributo europeo, una piazza ben ristrutturata, la realizzazione di alloggi popolari. Piccoli successi ma potenti messaggi pubblicitari, in quanto la collettività tende ad attribuire un valore positivo all’operato.
Un atteggiamento di fiducia che diviene tradizione, prassi e comporta un successo elettorale senza alcuna ufficiale opera di propaganda da parte delle forze politiche governanti, anche a livello locale prive di ideologie.
Ciò che viene realizzato è perché deve essere realizzato per la comunità, ma viene sfruttato come potenziale per autopromozione e autoreferenza.
Ci troviamo di fronte a quello che Kirchheimer definisce il partito “pigliatutto”: minimo bagaglio ideologico, rafforzamento dei gruppi dirigenti di vertice, le cui azioni ed omissioni sono ora
considerate dal punto di vista del loro contributo all’efficienza dell’intero sistema sociale.
Ma questi governanti quanto guardano verso il cittadino, quanto ascoltano il cittadino, quando offrono un programma, un’idea?
I traguardi raggiunti sono veramente per il cittadino o maschere per interessi personali? Oppure trampolini di lancio per una carriera politica?
Occorre smettere di identificare tutto come di destra o di sinistra, ci sono altri parametri per valutare un’azione politica: giusto e ingiusto, logico e non logico, etico e non, onesto e disonesto…
Bisogna scendere nel piccolo, nel dettaglio che non è meno importante del tutto; e, nel dettaglio, troviamo le persone che compongono uno schieramento politico.
Smettiamola quindi di votare in base al simbolo di un partito e in base alle apparizioni pubbliche dei vari candidati. Iniziamo a leggere i programmi, iniziamo a capire quali sono le vere potenzialità delle persone candidate, iniziamo a valutare le caratteristiche morali e civiche delle persone.
di
Cristiano Tombesi
Alessandra Barucca
Candidati Lista civica Primo Gazzetti
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