Quando cominciai a frequentare Senigallia, all’inizio degli Anni Novanta, mi colpì l’apparente effervescenza di iniziative culturali e sociali: tante Associazioni, impegnate sui temi della Pace, della Differenza di genere, della salvaguardia dell’Ambiente, dell’Accoglienza. Nel tempo, alcune di quelle realtà sono sparite, altre si sono istituzionalizzate, altre hanno dato vita ad interessanti progetti nel Terzo Settore.

Parte di quelle energie sono arrivate ad influenzare i programmi delle forze politiche locali, anche se mi sembra che non siano riuscite a produrre una propria rappresentanza organizzata – uno dei limiti del movimentismo. Oggi rimane ben poco di quel modello “classico” di associazionismo, mentre stanno sempre più fiorendo esperienze di cittadinanza attiva.

Credo che parte di questa novità sia dovuta alla crisi della rappresentatività dei Partiti e parte al progressivo passaggio dal Welfare State alla Welfare Society.
Quest’ultimo passaggio, postulato in due righe nascoste all’interno della Mozione Occhetto nel congresso che sancì la fine del PCI, ha spostato la responsabilità e l’onere della Giustizia Sociale dallo Stato alla Società Civile, attraverso il Principio di Sussidiarietà e la crescita del Terzo Settore, delle ONG, delle ONLUS.

Il successo del Terzo Settore ha anche attirato sguardi e partners non disinteressati – usando un eufemismo.

Oggi le energie, anche a Senigallia, si spostano verso esperienze più legate al territorio: i Comitati, il Movimento nato da Grillo, i gruppi spontanei orientati sul fare – come Cittadinanza Fattiva o Diversamente Giovani – e via dicendo.

Caratteristico di questi gruppi è l’uso delle nuove tecnologie legate al mondo del Web ed il richiamo alle tradizioni – tipico della Lega, ma coniugato in maniera totalmente differente: pensa globale e agisci locale, pensa locale e agisci globale – richiamo alle tradizioni testimoniato anche dal successo del gruppo Facebook “Difendiamo il Dialetto Senigalliese”.

Anche il recente goliardico “Infinito Tormento” dimostra la padronanza acquisita dai bloggers senigalliesi nell’uso dei new media e del viral marketing.

La stessa attenzione ai new media e alla comunicazione è al centro della Fabbrica di Nichi, il quartier generale della campagna elettorale di Nichi Vendola; proseguendo sulla scia tracciata dalla campagna per le Presidenziali di Barack Obama, è il primo esempio italiano di utilizzo di Internet e dei sistemi di condivisione della conoscenza per rendere inefficace l’asimmetria di mezzi: volontarismo, auto-organizzazione, blogs, Twitter, Facebook al posto di fotocopie, ciclostili e manifesti, organizzazione distribuita sui territori e riunioni via Skype, oltre 5000 persone mobilitate in tutta Europa per raccogliere i consensi uno ad uno.

Vendola ha fatto tesoro delle lezioni impartiteci da chi ci ha culturalmente sconfitto negli ultimi anni, da Berlusconi in poi, cercando il dialogo senza mediazione, impegnandosi al fianco degli attivisti, ascoltando ed imparando, parlando un linguaggio comprensibile e senza filtrare le emozioni.

Il successo da lui ottenuto stimola l’intero centrosinistra a tornare ad ancorarsi ai Valori, interrogandosi sul suo legame con i cittadini – il suo Popolo, come lo chiama Vendola – e fornendo risposte non solo ai Bisogni Fisiologici e di Sicurezza, come fanno le Destre, ma anche ai Bisogni di Appartenenza, di Rispetto Reciproco, di Realizzazione e di Trascendenza propri della Cultura Democratica e della Storia delle Sinistre.

Benvenuti nel Terzo Millennio.
 

da Roberto Ballerini
Sinistra Ecologia Libertà