Il caffè corretto è servito…
Certezze, dubbi, meriti, demeriti o…cos’altro?
A volte basta un semplice input per farti rimuginare pensieri che poi vanno e vengono nella mente per giorni e giorni. Solo il fatto di leggere che a Senigallia, si apre o si dovrebbe aprire un caffè con la prerogativa di chiamarsi “Letterario” solo perché l’intenzione è quella di mescere “Cultura” oltre che servire caffè, mi ha dato da riflettere non poco.
Infatti il locale dovrebbe essere alla moda (il che di già offre delle riflessioni), non vi si berrà il solito caffè o le solite bevande, non vi si degusterà solo pasticcini accompagnati da tè esotici, non ci saranno solo sfiziosità gastronomiche, ma in principal modo in questo suggestivo ambiente, almeno così io deduco e mi raffiguro, dovrebbero venire a rifocillarsi tutti gli “assetati ed affamati” di cultura. E sono quasi certo, a Senigallia sarà un’iniziativa che farà successo. Che allora se ne sentisse il bisogno? Non saprei dirlo, ma so quasi per certo che, almeno nei primi giorni, sarà sempre affollato. Solo che se da una parte ho quasi questa certezza assoluta (ed è cosa strana per me, persona sempre piena di dubbi), dall’altra mi sorge il dilemma: ma da chi sarà composta questa “clientela”: più da modaioli che da intellettuali, predominerà più l’apparire o più l’essere?
E codesta riflessione, me ne fa nascere un’altra. “Letterario” è come dire cultura, cultura è come dire interesse, interesse come dire partecipazione. Ed uno dei termometri della partecipazione fanno parte anche le letture delle testate giornalistiche, televisive ed ancor più quelle on-line. Si perché quest’ultime hanno inventato i famosi “commenti”.
Ma è anche vero che al discreto numero di lettori di questi giornali on-line non risponde mai un altrettanto congruo numero di commentatori. E questi quando appaiono, sono sempre firmatari con gli stessi nomi, cognomi, nick-name di cui poi tutti i navigatori hanno scoperto le reali paternità. Si leggono a volte anche infinite partite di batti e ribatti tra due o tre commentatori, ma il loro numero, malgrado la quantità dei commenti, è sempre irrisorio.
Mi viene da chiedere allora, se tutta questa sete di cultura, di bisogno di conoscere, di sapere, di partecipare, sia dettato da un bisogno interiore reale o invece generato da una sola morbosa modaiola curiosità, una sfacciata necessità di scovare un gossip magari inaspettato anche all’interno di impensabili argomentazioni. Dico questo, perché allora mi spiegherei le innumerevoli letture al verificarsi di eventi luttuosi, o di cronache delittuose cittadine, che salgono notevolmente e che se vengono affiancate da commenti, essi risultano sempre lapidari, brevi e privi di contenuto. Alle letture di argomenti politici, rispondono poi quei pochissimi preparati in materia a cui si frappongono battute che a volte nulla hanno a che fare né con essa e neppure con altro, semplicemente senza senso. Tutte le altre argomentazioni sembrano ridestare noia, sia come letture e figuriamoci come commenti.
Ma allora vien da chiedersi perché c’è interesse a leggere e poco a scrivere. Per incapacità nello scrivere? Per questioni di tempo? Per tenersi fuori dalla mischia timorosi di sbilanciarsi? Per mancanza di cultura? Eppure in quell’evento mediatico odierno che è Facebook, sembra che la moda di commentare abbia invece preso piede. Tutti sembrano che nel corso della giornata non facciano altro che pubblicare link, sottoscrivendoli con telegrafici messaggi.
Sembra che il boom di questa moda non faccia più dormire sonni tranquilli al Brunetta e non solo a lui. Qualcuno mi suggerirà, che ci sono anche degli articoli interessanti, utili, ben fatti. Concordo con costoro, ma sono casi molto sporadici che più salgono con il loro contenuto, meno commenti hanno. I commenti su Facebook, se posso dirlo, con i loro contenuti, sono il più delle volte, non voglio dire demenziali, ma molto limitati nella loro telegraficità e forse rappresentano la difficoltà dell’italiano medio nell’esprimersi, in principal modo tra i giovani.
Con questo non voglio dire che il commentare debba essere un’arte, che il commentatore debba avere una conoscenza grammaticale da Accademia della Crusca. Tanto più non lo posso pretendere io orfano di entrambe le qualifiche, ma dimostrazione che se lo faccio io lo possono fare tutti. Ma quantomeno un minimo di capacità che vada oltre al solito TVB.
Ecco allora che ritornando ai commenti sui giornali on-line, credo siano carenti di questo “interesse” perché, primo, i lettori, hanno il timore a scrivere. Timore inteso come sinonimo di “sporcare” il foglio di carta, quel timore che ha il disegnatore nel porre il primo tratto sulla pagina bianca. Secondo, perché la Rete è un mondo sconosciuto ai non più giovanissimi o se appena conosciuto, si hanno remore di sbagliare, di non saper fare, di fare cattive “figure”. Terzo, i giovani hanno scarso interesse a ciò che viene riportato su detti giornali, salvo coloro che in Rete navigano abitualmente, possiedono dei blog, e che sono poi alla fine quelli che commentano.
Ed ecco che qui quel cerchio che avevo aperto inizialmente si chiude. I più leggono, almeno io così suppongo, perché pruriginosi dello scoop, qualunque esso sia, discreto il numero di quelli della toccata e fuga sul solo titolo per esigenze di tempo, Buono anche quello di chi legge attentamente, ma si sente impreparato per diverse ragioni ad intervenire, pochi infine i reali lettori partecipanti.
Mi vien allora, quasi da risvegliarmi da un sogno, e di vedere quel caffè letterario come una stanzetta con le pareti adorne di autografi, foto, locandine di chi di cultura fu maestro, un grande tavolo coperto da un drappo, una platea di sedie, dei tavoli stile Belle-Epoque, qualche avventore che con attenzione segue un conferenziere….ma le altre sedie sono vuote! Perché forse manca l’interesse? Spero proprio di no, mi auguro solo di essermi risvegliato da un incubo!
di Franco Giannini
Finalmente si sono dette le cose come stanno...
Secondo me non si commenta tanto per due motivi principali: 1) perchè non si hanno le conoscenze/capacità per farlo nè la voglia di farlo (pigrizia, disinteresse o distacco); 2) per la paura di esporsi a critiche nel caso di affermazioni sbagliate, anche se a questo, volendo, si può porre rimedio con un semplice nick dietro cui rifugiarsi.
e vorrei aggiungere che non credo che il mezzo linguistico usato che sia su un blog, che sia facebook (scriverei in senigalliese "feisbuk") possa riprodurre o veicolare i contenuti di parole e intenzioni delle persone reali. Sono certo che se al posto delle nostre tecnologiche solitudini avessimo da passeggiare, incontrarci, bere, mangiare assieme come penso avvenisse di più un tempo, avremmo più cose da dire e le diremmo forse meglio forse peggio non so ma le diremmodi più.
Invece ahinoi il saggio ci insegna che il media è il (o è un) messaggio. Il blog o feisbuk dicono già che sei alla moda, che hai tempo da perdere al pc, che hai un'età compresa tra ecc..
Il mezzo usato, e in particolare quello online elettronico virtuale può solo restringere, inibire, dimidiare l'intenzione comunicativa ed è per questo, credo, che sian pochi quelli che comunque riescono a commentare e partecipare.
Esatta è la percezione della cultura come moda, quella vera fatta di pratica reale di ricerca e pubblicazione di idee resta fuori dei piccoli palchi che sono i locali pubblici di oggi: vetrine per individui e soprattutto per mise di abiti alla moda o di presenzialismi socio-politici o spazi per sfoghi di annoiati perditempo come me.
Nonostante la potenzialità di internet di creare nick e “maschere” io preferisco dire chi sono per non nascondermi dietro nessun doppio gioco….Sono Gio, e sono il titolare del Caffè Letterario che aprirà a Senigallia spero a breve…Attenzione il dubbio (ahimè) è d’obbligo visto i commenti e soprattutto le varie voci in città sul Caffè Centrale. Già ieri volevo commentare ma non l’ho fatto poiché ho pensato che le mie parole potevano essere fraintese o prese solo per della gratuita pubblicità su blog altrui.
Ci tengo precisare che non è così, se no sarei stupido a farlo solo ora: se volevo trovare simpatizzanti in questi canali lo avevo già fatto. Oggi il mio commento è d’obbligo, se non che per rendere più costruttivo e interessante il discorso, come per altro si invita a fare nell’articolo.
Vedendo ieri l’articolo e certe supposizioni ho pensato ad un discorso diretto a noi, leggendo oggi i commenti mi sono reso conto che parlate del Caffè Centrale. – Per intenderci non c’entro nulla col Caffè Centrale. Dopo chiarirò anche questo aspetto, per ora commenterò l’articolo e spero di sollevare ulteriori riflessioni. Ah…A volte sono breve nei commenti…oggi non so se ci riuscirò.
Il Caffè Letterario non è moda – viene trasformato in moda da questa società, dove si pensa di sfruttare tutto per business. Io vorrei chiamarmi fuori da questo modo di interpretare non solo il lavoro ma la vita.
I Caffè Letterari non nascono nell’ultimo decennio da un nuovo modo di interpretare il bar.
Nascono nei grandi salotti “più o meno nobili” del 1600, dove donne abituate a ricevere amici e conoscenti organizzavano incontri culturali, dove si discuteva della società, di opere artistiche, idealismi. Il primo locale pubblico – La Procope Parigi 1686 Caffè Letterario tuttora esistente – nasce dall’esigenza di fare uscire certi incontri limitati ad una cerchia di persone e metterla a disposizione del popolo tutto. Nacque dunque con l’intento di diffondere notizie e cultura a portata di chiunque – il motivo di vendere certi alcoli era necessità di sussistenza per il locale. Capite?.. Il cosiddetto Caffè nasce per esigenze Letterarie e non il contrario. Finalmente a quell’ epoca certi incontri avvenivano in pubblico e non solo nei nobili salotti. Una mini-rivoluzione che portò moltissima nuova informazione VERA a portata di tutti. Artisti, letterati, poeti, pittori, potevano trovarsi anche con gente comune per discutere di opere, idee, movimenti, confrontarsi e crescere. Moltissime volte discussioni e idee nate in questi luoghi influenzavano i modi di vivere, pensare, ragionare (parola poco in voga oggi, soprattutto nei locali pubblici). Il concetto di opinione pubblica nasce proprio da qui. l’insieme di idee, pensieri, cultura di una società,nasce da questi salotti . La diffusione in quegli anni fu immediata, anche grazie a certi nobili un po’ meno “fighetti” che vollero ampliare le loro vedute oltre le loro ovattate stanze. I poeti maledetti tanto famosi (e utilizzati dalla nostra società come moda, tanto per cambiare), furono l’esempio più estremo della rinuncia a certi agi spingendosi a provare quella vita disgraziata e più complicata di certe persone comuni, con cui fino ad allora non avevano avuto a che fare.
Con l’avvento di industrie, macchine, viaggi, materialismo, la vittoria della figura dell’ego personale, del costruirsi una vita per fare soldi, dei mass media e dei controlli delle masse, certe passioni, certi interessi, andavano svanendo a scapito di futili piaceri.
Per me questo nuovo impegno coincide con una parola – ETICA - che credo sia necessaria nei comportamenti di tutti se l’uomo vuole evolvere e non fermarsi alla disgraziata “Era del Gossip”, come dici te.
Non credo che debba essere pericolosamente interpretato come un luogo dove oltre a fare bar si mesce cultura dall’ “alto”, ma secondo me è un luogo dove si partecipa a crearne, ognuno con la propria esperienza di vita: il C. Letterario può mettere a disposizione degli strumenti utili a perseguire cultura, può creare delle serate che stimolano un certo tipo di interesse, ma in realtà è la gente che alimenta il tutto, come in passato. Io perlomeno lo interpeto così, semplicemente come nel 1700, senza volere indottrinare nessuno, senza avere la presunzione di essere meglio di altri locali, ma semplicemente diverso. Quindi la novità in città, perlomeno la “mia” ha sapore di antico, non si inventa nulla e non si vuole cavalcare nessuna moda. Il periodo storico di riferimento era privo di macchine e industrie che governavano il mondo, e portare idealmente indietro il tempo mi affascina perché penso che forse tutto sommato una volta si stava meglio anche se si aveva di meno.
Poi…voglio cercare di sollevare riflessioni…
Cosa vuoi dire dovrebbe essere alla moda?...
Cosa fa diventare un posto alla moda ?....e come si può evitare secondo voi?
Cosa può fare un gestore per non essere alla moda?
Io me ne guardo bene (sarò strano e diverso da alcuni colleghi), e tutte le scelte che faremo saranno orientate per non esserlo, lo capirete.
Penso che tutti i posti destinati a fare moda sono diversi uno dall’altro solo per arredi, appariscenze e poco altro, non hanno in realtà una proposta diversa, dei contenuti…non parliamo di professionalità.
Parlo in senso generale: tutti sono costruiti per fare business velocemente a scapito della gente, e a morire dopo qualche anno per poi essere rinnovati. I più vecchi caffè letterari resistono in diverse città europee da trecento anni, non sono mai stati di moda, sono ancora lì, e continuano a svolgere un ruolo diverso da altri locali in città. A noi non interessa business, interessa solo che il posto si autoalimenti, e che sia realmente un mezzo, uno spazio per la città e i suoi cittadini. Come avveniva esattamente in passato e come avviene tuttora nelle più grandi città d’Europa. Sarebbe per me più che sufficiente.
Sul modaiolo o intellettuale…
Capisci che sia il modaiolo che l’intellettuale sono componenti della stessa società che vive, crea e si alimenta di status symbol ed ego personali. Sono entrambi soggetti a ritenersi l’uno meglio dell’altro, sono soggetti alla presunzione.
E poi, se immaginate le veci del gestore, capireste che non è semplice scegliersi la clientela,…è un locale pubblico e soggetto dunque all’entrata di chiunque. Io spero solo di non vedere banali pregiudizi che fermino la voglia di socializzazione.
In merito al fatto che la gente non scrive e commenta poco penso che anche questo sia un prodotto della società: tutti vogliamo continuamente introdurre cose in testa ma pochi elaborano, pochi pensano...e soprattutto pochi hanno personalità…ideologie. Le personalità si dissolvono tra materialismi, e pochi sono in grado di capire e coltivare l’Essere.
“.…qualche avventore che con attenzione segue un conferenziere….ma le altre sedie sono vuote! Perché forse manca l’interesse ? Spero proprio di no…”
Bhè lo spero anche io …però allora torniamo alla questione iniziale: moda o non moda?
Meglio pochi ma buoni o tanti e…? Meglio la velina o il cantautore che in Italia ignoriamo ma che viene apprezzato in tutto il mondo?...A voi la scelta…io per me la risposta la so.
Comunque se saranno seduti in pochi toglieremo le sedie vuote cosi si dirà che il locale è pieno…neanche un posto a sedere…
Le Boudoir è un progetto che si sviluppa da 3 anni a questa parte, attraverso la ricerca abbiamo cercato di creare una personalità ben distinta, una scrupolosa attenzione a una vera impostazione da Caffè Letterario, che non vi è dubbio va alimentata e sviluppata continuamente.
Le Boudoir si concretizza nel 2009, esce con i manifesti in città, la prima volta il 16/06, la seconda il 07/07, annunciandosi come Caffè Letterario PROSSIMAMENTE Senigallia Centro Storico.
Varie vicissitudini hanno imposto i soliti ritardi, ormai ci siamo, l’apertura verrà annunciata nei prossimi giorni…
Però intanto girano le voci che Imprenditori vogliono fare un Caffè Letterario a Senigallia al Caffè Centrale: che bella idea! Una tra le tante librerie-caffè (visto che si tratta di una formula che già hanno applicato ad altre città),…Attenzione libreria/caffè è una cosa – caffè letterario è un’altra - Casualmente qualche giorno fa è uscito un articolo sul C.A. che metteva un po le mani avanti…su dove sia il Caffè Letterario a Senigallia.
Ma il primo Caffè Letterario uscito in locandina mesi prima non lo ha notato nessuno? Bhè, che io sappia moltissimi, (tanto che girando in città mi chiedono diverse persone quando si apre, compresi i gestori degli altri locali), tranne però i giornalisti del C.A. e “pochi altri” che hanno dato per inedito l’arrivo del Caffè Lett. Proprio al Caffè centrale.
Comunque…Certe co’ a Senigallia le sapete ancora riconoscere, su questo non ho dubbi.
Sulla vicenda Ve ne farete un’idea ben presto credo.
Le evoluzioni le sapete e credo che il tuo articolo e commenti si riferissero proprio a loro…Su questo non dico nulla, io ho capito che lavoro faranno, e capirete anche voi le differenze credo.
Ebbene forse hai ragione tu Franco…questi Caffè Letterari non vanno bene..fanno moda prima ancora di aprire…
Quello che mi dispiace è che si crea confusione nell’opinione pubblica, una confusione che fa nascere lecitamente i dubbi che hai sollevato te. che fa nascere articoli come i tuoi…Spero solo che i grandi sforzi e sacrifici fatti per creare questo locale per Senigallia diverso da qualunque altro in qualsivoglia città d’Italia, non vengano banalizzati dalle …solite storie.
Mi fermo se no potrei risultare pesante..Vi avevo avvertito che non era questione di un commento breve
Ringrazio dell’attenzione, e scusate l’intrusione se così la interpreterete.
Grazie dello spunto Franco. Non posto immagini delle Locandine uscite, ma se ne vorreste conferma, a disposizione.
Gio
Caffè Letterario Senigallia - Le Boudoir…L’Accolita dei Rancorosi.
Il fatto che mi abbia letto e ci abbia anche perso del tempo per rispondere ad un emerito sconosciuto, non può che farle onore. Non parliamo poi se uno lo dovesse analizzare per quello che sta lavorando per donare a Senigallia questo Caffè Letterario, in qualità di un nuovo mecenate. Posso dedurlo da frasi che ha usato e mi ha colpito in modo particolare ".... A noi non interessa business, interessa solo che il posto si autoalimenti, e che sia realmente un mezzo, uno spazio per la città e i suoi cittadini. Come avveniva esattamente in passato e come avviene tuttora nelle più grandi città d’Europa. ..... Comunque se saranno seduti in pochi toglieremo le sedie vuote cosi si dirà che il locale è pieno…neanche un posto a sedere…". Mi scuso con lei e non me ne voglia, se non ho ben individuato l'esatta ubicazione logistica di questo nuovo suo locale, ma del resto se sono corsi in tale errore dei giornalisti professionisti, credo che un dilettante quale sono, possa essere maggiormente perdonato. Ora più che mai sono incuriosito di scoprire la differenza di quel LETTERARIO... se semplici rivendite e basta (commercio gestito da commercianti)...o solo un orto culturale (cultura vera diretta da mecenati). Di quest'ultima soluzione ce ne sarebbe bisogno e come si può vedere dal il mio piccolo blog letto da pochissimi amici (una 30ina al giorno), in tre hanno chiesto informazioni. Auguri quindi per la sua nuova attività.
Se letterario e dialogante va ammessa, consentita, tollerata la permanenza di clienti non consumatori, forme di credito o di abbonamento alla consumazione per abbassarne i costi, la presenza di scaffali, libri, riviste, angoli per stare soli a scrivere o stare assieme a parlare e di certo volume basso, bassissimo di una musica di fondo bene e sapientemente scelta, sennò meglio il silenzio. Incontri pubblici eccetera anche con giovani sconosciuti e non con stelle di grido. Ecco cosa mi aspetterei in un caffè letterario. Un po' così era l'"Intra Moenia" a Napoli, associazione affiliata all'ARCI.
Mi permetto di avanzare idee da semplice avventato avventore.
Rispondo al Sig. Bartolucci.
Neppure a me l'idea spiace, tutt'altro. Ma facile è il dire "Vedremo" per gente come noi, che nulla investe economicamente, terminando con un "Ne parleremo". Egoisticamente non sono fatti miei, e così dovrei dire e pensare anch'io, ma non ci riesco. Allora, pur se sono felice per la nascita, pur augurandogli successi e lunga vita, pur promettendogli la mia presenza (per quel che può avere importanza) quando ci saranno incontri letterari, mi sono posto qualche domanda. Ma, e qui mi ripeto, guardo anch'io, seppur con qualche dubbio, anche con un voluto ottimismo l'apertura di questo locale fortemente voluta da chi in questo crede. E' se non altro per il rispetto verso questo imprenditore mecenate che si deve cercare di vedere il bicchiere mezzo pieno!
Giò qui ci crediamo tutti e tra poco ci crederà anche la tua nuova città...in bocca al lupo!!!!
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