Bisogni educativi speciali
Parte su 60019.it uno spazio curato dalla Dottoressa Silvana Mancini, Psicopedagogista
PERCHE’?
La realtà scolastica odierna si trova a doversi confrontare ormai sempre più con la presenza di alunni con Bisogni Educativi Speciali, ossia alunni che, pur non essendo in possesso di una diagnosi medica o psicologica (la cosiddetta «certificazione»), presentano comunque delle difficoltà tali da richiedere un intervento individualizzato.
Queste difficoltà possono collocarsi sia a livello organico, sia a livello familiare, ambientale, contestuale, di background sociale e culturale. La presenza di queste situazioni e la combinazione di più concause può portare a difficoltà, ostacoli o rallentamenti nei processi di apprendimento
QUALI DIFFICOLTA’?
Le difficoltà possono essere globali e pervasive (come ad esempio nell’autismo) ma anche più specifiche (ad es. la dislessia, disgrafia, discalculia) o settoriali (ad es. nei disturbi del linguaggio) e, naturalmente, più o meno gravi, permanenti o transitorie.
Sempre di più si parla di varie forme di «difficoltà di apprendimento», di alunni che per una qualche loro difficoltà preoccupano gli insegnanti. In questa grande categoria possiamo includere varie difficoltà: dai più tradizionali disturbi specifici dell’apprendimento, al disturbo da deficit attentivo con o senza iperattività, a disturbi nella comprensione del testo, alle difficoltà visuo-spaziali, alle difficoltà motorie, alla goffaggine. Troviamo alunni che hanno «soltanto» un apprendimento difficile, rallentato, uno scarso rendimento scolastico, alunni con varie difficoltà emozionali: timidezza, collera, ansia, inibizione, depressione.
Forme più complesse di difficoltà sono invece quelle riferibili alla dimensione psichica: disturbi della personalità, psicosi, disturbi dell’attaccamento o altre condizioni psichiatriche. Più frequenti però sono le difficoltà comportamentali: dal semplice comportamento aggressivo fino ad atti autolesionistici, bullismo, disturbi del comportamento alimentare, disturbi della condotta, oppositività, delinquenza, uso di droghe, ecc.
La sfera delle relazioni produce anche molto spesso delle difficoltà rivolte all’interno dell’ambito psicoaffettivo: bambini isolati, ritirati in sé, bambini eccessivamente dipendenti, passivi, ecc.
Gli insegnanti possono incontrare difficoltà anche con alunni che hanno delle compromissioni fisiche rilevanti, traumi, esiti di incidenti, menomazioni sensoriali, malattie croniche o acute, disturbi neurologici, paralisi cerebrali infantili, epilessie, ecc.
Anche l’ambito familiare degli alunni può creare notevoli difficoltà: pensiamo alle situazioni delle famiglie disgregate, patologiche, trascuranti o con episodi di abuso o di maltrattamento, che hanno subito eventi drammatici come ad esempio lutti o carcerazione, oppure che vivono alti livelli di conflitto. Accanto a queste difficoltà, l’insegnante conosce molte altre criticità di origine sociale ed economica: povertà, deprivazione culturale, difficoltà lavorative ed esistenziali.
Il mondo della scuola è inoltre sempre più attento anche a quelle difficoltà più «soft» che si manifestano con problemi motivazionali, disturbi dell’immagine di sé e dell’identità, deficit di autostima, insicurezza e disorientamento rispetto al proprio Progetto di vita.
…..BISOGNO EDUCATIVO SPECIALE…..
…PARTICOLARE…
L’adolescenza è il periodo dei più profondi e complessi cambiamenti, sia fisici che psicologici. La trasformazione fisica è forse più rapida ed evidente di quella psicologica, questa però è più difficile da capire e interpretare. In generale, il periodo dell’adolescenza può considerarsi concluso nel momento in cui il ragazzo riesce ad assumere modelli di comportamento abbastanza stabili con se stesso e verso il mondo esterno. Tendenzialmente il raggiungimento della stabilità psicologica è associato alla completa maturità fisica.
Ma non è sempre così… a causa della disordinata forza delle spinte di crescita, il livello psicologico può svilupparsi in misura minore rispetto a quello fisico, accentuando i conflitti che già i cambiamenti di per sé provocano. I ritmi di sviluppo non sono uguali, per cui nell’ambito di ragazzi della stessa età vi possono essere soggetti precoci, con un ritmo più rapido e, viceversa, soggetti ritardati, che procedono con tempi più lenti.
Entrambe le tipologie possono generare criticità: il precoce rischia di trovarsi psicologicamente isolato e di non legare né con i coetanei, né con i più grandi; il ragazzo con sviluppo ritardato non riesce invece a far fronte alle diverse esigenze. L’ideale sarebbe adattare le esperienze del ragazzo al livello della sua maturazione, ma nella pratica ciò non è molto facile. In mancanza di strumenti specifici per la misurazione della maturità , si dovrebbe tener conto della storia dello sviluppo della persona; non un giudizio statico, ma la descrizione di una persona che si muove ed evolve rapidamente.
di Dott.ssa Silvana Mancini
psicopedagogista@60019.it
Non possiamo però avere gli stessi obiettivi io che sono un lentino e il ragazzo che invece va come una scheggia...probabilmente per valorizzare le risoprse di ognuno servirebbero 5 maestri/professori e suddividre la classe in sottogruppi, cosa impossibile, dispendiosa e caotica...
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