Quando il medico sbaglia
Viaggio nella responsabilità civile dei professionisti sanitari
Negli ultimi anni, la cronaca riporta quasi quotidianamente notizie di malasanità: morti sospette, diagnosi errate, interventi mal riusciti, pinze lasciate nell’addome. Non è chiaro se si tratti di una “moda giornalistica” ovvero se, effettivamente, i casi di malpractice medica siano aumentati in maniera esponenziale.
Fatto sta che nei tribunali italiani si discute sempre più spesso di risarcimenti per danni provocati da sanitari e la giurisprudenza si mostra sempre più sensibile verso i pazienti danneggiati. Una cosa infatti è certa: ormai la sfera di intangibilità che un tempo proteggeva i professionisti (senza esclusioni) si è dissolta, e nessuno ha più il timore di invocare tutela per un errore medico.
Il medico è un soggetto al quale viene richiesta una diligenza superiore all’uomo comune e cioè la diligenza del professionista, che è tenuto a conoscere l’arte che esercita, ad aggiornarsi continuamente e ad applicare tutti i rimedi non ignoti alla scienza e alla pratica. Laddove si tratti di uno specialista, poi, le conoscenze devono raggiungere un livello superiore, consono alla qualifica. Difatti, la colpa del medico specializzato non va valutata con riferimento alle conoscenze del medico generico, bensì a quelle del medico dotato di una preparazione superiore. Pertanto, in ipotesi, un medico di famiglia potrebbe essere scusato nel non aver diagnosticato una malattia che solo uno specialista sarebbe stato in grado di accertare. Così pure al medico sportivo è richiesto un rigore maggiore ogni qual volta interviene nei confronti di un atleta che ha subito un danno durante l’attività sportiva.
Il medico che sbaglia e che con il suo comportamento provoca danni alla salute del paziente, o addirittura la morte, è soggetto a diversi tipi di responsabilità: civile, penale, deontologica e amministrativa. Egli cioè può essere chiamato a risarcire i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dal paziente o dai suoi familiari; può essere condannato ad una pena detentiva e disciplinare e può essere condannato a risarcire i danni che ha provocato all’amministrazione presso cui lavora.
Vediamo allora in cosa può consistere questo errore.
Innanzitutto l’errore del medico può attuarsi sia nella fase diagnostica che nella fase terapeutica. La fase diagnostica è una procedura complessa ed articolata attraverso la quale il medico formula una ipotesi circa l’esistenza o meno di una malattia. A tal fine raccoglierà i dati sulla storia del paziente (anamnesi), si farà descrivere i sintomi e valuterà i segni (semeiotica), valuterà il quadro clinico comparandolo con quello delle malattie conosciute, disporrà eventuali accertamenti strumentali, dopo di che effettuerà una diagnosi. Alla diagnosi seguirà la terapia che potrà essere farmacologica e/o chirurgica.
Si tratta dunque di due fasi distinte e ciascuna fase può generare una responsabilità. Soffermiamoci sulla diagnosi. Gli errori più frequenti sono questi.
Il medico:
1. omette la diagnosi;
2. diagnostica una malattia diversa da quella reale;
3. ritarda la diagnosi.
Il primo caso si verifica assai spesso. Si pensi a tutti i casi in cui il paziente giunga al pronto soccorso lamentando dolori e, una volta dimesso, muoia ovvero si aggravi. Qui la responsabilità è più che evidente.
Il secondo caso può verificarsi quando ad esempio viene diagnosticata al paziente una malattia grave (ad esempio un cancro) che in realtà non ha. Anche in questo caso il paziente ha diritto al risarcimento del danno psichico che affermi di avere subito a seguito della errata diagnosi. Laddove poi sia stato sottoposto ad un trattamento terapeutico non dovuto (chemioterapia, ad esempio) avrà diritto di vedere risarcite le sofferenze patite e i danni residuati dal trattamento.
Il terzo caso si verifica quando la diagnosi è effettuata in ritardo. Qui occorre distinguere: se il ritardo ha posticipato la guarigione ovvero l’ha resa impossibile, il paziente deve essere risarcito; se invece la ritardata diagnosi si è rivelata ininfluente il paziente non ha diritto ad alcun risarcimento.
Nei prossimi giorni vedremo gli errori terapeutici.
da Avv. Mirco Minardi
www.mircominardi.it
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