Te lo faccio vedere io! al CSA Mezza Canaja di Senigallia
Giovedi 1 febbraio Alambrado di Marco Bechis
Te lo faccio vedere io!, rassegna cinematografia al C.S.A. Mezza Canaja di Senigallia, prosegue Giovedì 1 febbraio con Alambrado di Marco Bechis.
Comprimere e dilatare gli spazi: sono questi gli imperativi chiave dell’esordio di Bechis (affermazione che allo stesso tempo può anche estendersi a tutto il suo cinema).
La manifestazione di sentimenti trattenuti e custoditi in spoglie camere di una vecchia casa è infatti il polo di attrazione di una vicenda che si svolge in una terra alle estremità del mondo qual’è la Patagonia, lontano da Dio e dagli uomini.
Il regista applica questa regola a ciascun personaggio, compresi quelli minori, e lo fà in maniera sottile ed ellittica, decidendo di lambire la sfera psicologica e di lavorare soprattutto con le dimensioni del tempo e dello spazio: inseriti in un ambiente spoglio e senza grandi possibilità di instaurare rapporti ognuno di essi vive e porta avanti il proprio isolamento, il proprio ruolo, le proprie incapacità, salvo poi trovarsi di fronte agli eventi ed alle prove smarriti e inconsapevolmente travolti dalla non univocità dei significati.
Le loro azioni nascono proprio dall’essere presenti in questi spazi infiniti, delimitati più che altro dal vento (onnipresente) e da un grande recinto (un alambrado per l’appunto): e questo nonostante i loro movimenti possano sembrarci a prima vista soggetti a dinamiche causali.
Sono processi resi ancora più manifesti se confrontati con l’opera numero due del regista (Garage Olimpo): entrambi i film giocano infatti col triplice rapporto spazio-tempo-movimento, ma lo fanno in maniera molto diversa. Ove per quest’ultimo possiamo individuare una dimensione maggiormente astratta (una concezione caratterizzata da un insieme di istanti uguali fra di loro e proprio per questo indifferenti) all’interno della quale i protagonisti si muovono lungo un dato che è storicamente fissato (l’Argentina negli anni della dittatura), per Alambrado sembrerebbe più pertinente parlare di una sfera interiore: ciascuno si trova già di per sè in relazione con l’ambiente, un ambiente (a-storico) che però è allo stesso tempo cornice e riflesso delle proprie scelte, dei propri processi interni, delle propri e sensibilità.
E si tratta di solitudini e di vuoti che nascono all’ombra di un linguaggio che in alcuni casi può ricordare il miglior Antonioni o certi film di Werner Herzog, ma dal quale Bechis saprà emanciparsi nei film successivi.
Centro Sociale Autogestito
Mezza Canaja
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