La testimonianza di Suor Eugenia Bonetti al pellegrinaggio dei giovani
La tratta delle persone per sfruttamento sessuale
All’inizio di settembre oltre cento giovani hanno percorso le strade della nostra diocesi in un pellegrinaggio promosso dall’Ufficio per la Pastorale Giovanile della Diocesi di Senigallia dal titolo "Pellegrini alla sorgente", volto a conoscere le varie realtà del territorio diocesano ma anche finalizzato a scoprire la bellezza dello stare insieme, a testimoniare la propria esperienza cristiana di giovani, che incontrano sulla strada altri giovani. Si è trattato di un’esperienza unica su tutto il territorio nazionale. Per la prima volta in Italia un gruppo di ragazzi si è messo in cammino alla scoperta delle origini della fede nel nostro territorio e delle bellezze di questa grande fetta della nostra regione. Come i pellegrini di un tempo, questi giovani hanno chiesto ospitalità nelle case e nelle parrocchie dei paesi, per conoscere meglio i luoghi e la storia dei comuni della diocesi e per ammirarne le bellezze artistiche e paesaggistiche. Ma la strada rappresenta, forse più di ogni altro, un luogo dove le persone in cammino si incontrano, dove i giovani vengono in contatto con altri giovani, che hanno avuto esperienze diverse, a volte anche estremamente dolorose.
Allora quale è stato davvero il senso del pellegrinaggio dei giovani della diocesi di Senigallia? Chi hanno incontrato in questo lungo, faticoso ma anche entusiasmante cammino? Quali realtà hanno conosciuto? E soprattutto quali spunti di riflessione da questa iniziativa per chi, giovane e meno giovane, "cammina sulla strada del Cristo"?
Uno degli scopi del pellegrinaggio è stato quello di far conoscere meglio i luoghi e le peculiarità dei luoghi, ma soprattutto le varie realtà di povertà che ci sono nella nostra diocesi. In questo senso uno dei momenti più significativi è stata la tappa a Marina di Montemarciano, località tristemente nota per il fenomeno della prostituzione.Durante la veglia di preghiera suor Eugenia Bonetti ha testimoniato la sua esperienza con queste donne giovani, spesso giovanissime, che sono vittime di una vera e propria tratta delle schiave. Si tratta di donne, anche minorenni, umiliate, sfruttate e distrutte, ma desiderose di libertà e dignità. A volte per noi è difficile riconoscere in queste giovani il nostro "prossimo", non pensiamo che hanno diritto ad uscire da quel circuito di sofferenza, di disagio sociale di cui anche noi siamo in qualche misura responsabili.
"Simbolo di ogni schiavitù è e rimane sempre la catena – ha detto suor Eugenia – strumento che toglie alla persona libertà di azione per sottometterla al volere di un’altra. Tutte le catene sono formate da anelli. Gli anelli di queste nuove schiave del ventunesimo secolo sono le vittime e la loro povertà materiale, gli sfruttatori con i loro ingenti guadagni, i clienti con le loro frustrazioni, ricerca di piacere ed evasione dalle proprie responsabilità, la società con il suo benessere, permissivismo e carenza di valori, la scuola carente di informazione e formazione al rispetto dell’altro, i governi, con i loro sistemi di corruzione e connivenze, la Chiesa ed ogni cristiano, con il silenzio e l’indifferenza."
Suor Eugenia, oltre a raccontare alcune storie di prostituzione, come viene perpetrato questo traffico di schiave e come poi vivono nei nostri Paesi del Nord del mondo, ha indicato alcuni numeri di questa povertà: stime che fanno rabbrividire. Oltre 500 mila sono le donne che ogni anno sono "importate" in Europa da organizzazioni criminali e messe sul mercato come merce, correndo i rischi che tutti conosciamo. In Italia ci sono dalle 50 alle 70 mila donne immigrate costrette a prostituirsi. Di queste il 40% sono minorenni, dai 14 ai 18 anni. Nella catena delle schiave del terzo millennio il consumatore/cliente è certamente uno degli anelli più saldi, perché sostiene ed alimenta l’industria del sesso. Ma chi sono i clienti? Persone tra i 18 e i 65-70 anni, di tutti i ceti e condizioni sociali, che regolarmente usano ed abusano di queste donne. Il 70% sono persone sposate oppure conviventi.
Quali sono le risposte offerte dalla nostra società e dalla nostra legislazione?
La repressione che mira a colpire la clandestinità delle ragazze, emanando decreti di espulsione, accogliendo le vittime nei centri di permanenza temporanea in attesa del rimpatrio forzato. Il rimpatrio volontario con assistenza ed aiuti finanziari per progetti di reintegrazione nel proprio contesto. La reintegrazione nel tessuto sociale in Italia, attraverso il rinnovo del permesso di soggiorno per sei mesi rinnovabile per motivi sociali a chi lascia la strada, denuncia gli sfruttatori e accetta un percorso di reintegrazione in una delle tante comunità di accoglienza.
Quali gli interventi della Chiesa? Le congregazioni religiose femminili, le Caritas diocesane e i gruppi di volontariato sono stati i primi a leggere questo fenomeno e ad offrire soluzioni alternative alla strada, attraverso le unità di strada, che contattano le vittime sulla strada, i centri di ascolto, le comunità di accoglienza per programmi di reintegrazione sociale, il ripristino dello stato legale e la collaborazione delle ambasciate per assistere le vittime nell’ottenere i documenti, la preparazione professionale, l’assistenza psicologica e spirituale.
Questa toccante testimonianza e la veglia di preghiera sulla strada, guidata dal vescovo mons. Giuseppe Orlandoni, sono state le occasioni per una riflessione approfondita di questa realtà così sconcertante ed umiliante, ma anche per una riflessione sulle responsabilità di ognuno di noi. Solo attraverso una formazione seria ad un grande rispetto alla propria e all’altrui persona, mettendo al centro dei nostri pensieri l’inestimabile valore della vita umana, dei sentimenti e della dignità che la caratterizzano, possiamo pensare di debellare questa aberrante schiavitù e le altre povertà di questi tempi.Come ha sottolineato il vescovo mons. Giuseppe Orlandoni, la comunità dei cristiani e ognuno singolarmente non può continuare a rimanere indifferente di fronte ai drammi personali e collettivi della povertà, dell’emarginazione, delle guerre, della disoccupazione, che spingono sulla via dell’illegalità, della violenza, dello sfruttamento e della prostituzione. Dobbiamo aprire gli occhi di fronte ai bisogni di tanti, non accontentandosi di delegare alla buona volontà di singoli e di gruppi organizzati quanto invece è un mandato per tutti, dobbiamo riuscire per primi a trasmettere, attraverso i canali dell’esempio e dell’educazione, i valori che danno senso e gusto alla vita.
Ripartire, insomma, da noi stessi, dai nostri giovani per la costruzione di un mondo più umano, in cui ogni persona sia rispettata e abbia una propria dignità.
Dal pellegrinaggio "Pellegrini alla sorgente" è nata anche l’idea della pubblicazione di un reportage scritto e fotografico. L’obiettivo sarà quello di rendere protagonisti i giovani attraverso la narrazione della storia, della cultura e delle peculiarità del territorio, di dare voce ai partecipanti, di rendere la pubblicazione patrimonio locale e fruibile dalle nuove generazioni, di far accrescere un maggior senso di appartenenza alla propria comunità.
Ufficio Stampa Caritas Diocesana
Dott.ssa Barbara Assanti
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