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La strage di Arcevia: Sgreccia assolto per infermita’ mentale

Scontera' dieci anni in ospedale psichiatrico

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Era convinto che l’unico sistema per proteggere la sua famiglia da un’imminente, non precisata rovina, fosse sterminarla, e per questo è stato assolto, essendo stato riconosciuto infermo di mente.
Arduino Sgreccia, imprenditore edile di 46 anni, all’alba del 13 marzo 2004 uccise a fucilate la moglie Cecilia Torcellini, 37 anni, e i due figli Erika e Andrea, di 11 e 7 anni, e poi tentò il suicidio nella villetta di famiglia a San Pietro in Musia di Arcevia.
Che quella strage fosse dovuta alla follia lo ha accertato il perito Vittorio Volterra, nominato dal gip di Ancona Francesca Grassi. Sulla base della valutazione dello psichiatra, ieri il giudice per l’udienza preliminare, accogliendo le richieste del pm Marco Pucilli, ha assolto l’imputato riconoscendone la completa incapacità d’intendere e di volere al momento dei fatti.Il gup ha tuttavia disposto nei confronti ai Sgreccia una misura di sicurezza di dieci anni da scontare con un ricovero presso un ospedale psichiatrico giudiziario.Nel momento in cui premette il grilletto, a giudizio del perito, Sgreccia aveva maturato la folle idea che i familiari stessero andando incontro a un non meglio definito disastro da cui lui avrebbe dovuto salvarli.
Una "sindrome da rovina" che poi lo portò a rivolgere contro se stesso il fucile e a premere il grilletto. Dopo essere rimasto tra la vita e la morte per diversi giorni, Sgreccia si è progressivamente ripreso. Oggi è ricoverato nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia dove probabilmente sconterà la misura di sicurezza.
Nel giudizio abbreviato conclusosi con l’assoluzione per non imputabilità, il difensore di Sgreccia, avvocato Marcellino Marcellini, ha ribadito che le azioni del suo assistito erano derivate da "turbe psichiche, paranoie e deliri" e non da "dolo o cattiveria". In passato l’imputato aveva sofferto di disturbi psichici e tre anni fa era stato sottoposto a un trattamento sanitario obbligatorio.
Il sintomo principale della crisi, che sembrava superata, era stata una sorta di mania di persecuzione che lo aveva portato a vedere nemici e minacce invisibili. Le stesse sensazioni si sarebbero ripresentate, in qualche modo, la notte della strage.
Nel corso dell’interrogatorio, l’imprenditore aveva raccontato ai magistrati di movimenti e situazioni strane, di persone che si sarebbero aggirate intorno all’abitazione di famiglia. Tutte circostanze, aveva detto, che lo avrebbero spinto a quel gesto estremo.La difesa aveva prodotto una consulenza tecnica, redatta dal professor Carlo Saraceni, il quale giungeva alle stesse conclusioni del perito dell’accusa. Un consulente – Massimo Badioli – era stato incaricato anche dalle parti civili, cioè la madre e il fratello di Cecilia Torcellini, assistiti dagli avvocati Eusebi e Ginesi.
Solo a distanza di tempo da quel maledetto giorno Sgreccia ha capito ciò che aveva fatto.
"Non ho motivo di esistere, la mia vita è distrutta, cos’ho fatto a Dio per meritarmi tutto questo?", ripeteva spesso con lo sguardo rivolto al cielo quando era ancora ricoverato all’ospedale di Senigallia mentre il fratello Angelo lo accudiva amorevolmente."Bisogna stargli vicino, mio fratello è disperato, non riesce a darsi una spiegazionee piange continuamente -raccontava Angelo – E’ un momento bruttissimo perché Arduino si è reso conto di ciò che ha fatto, e mi dice di non avere altro sé non me e nostramadre. Ha cercato di raccontarmi quello che e’ successo la notte della tragedia mi ha detto che sotto casa sua vedeva tantissime persone e che queste lo spiavano, lo seguivano minacciandolo, poi a un certo punto ha voluto proteggere tutti ed è accaduto il peggio. Arduino era con la mente in un momento tutto suo, chissà cosa l’avrà spaventato? Di che cosa aveva così paura?"

da Il Messaggero

Redazione Senigallia Notizie
Pubblicato Mercoledì 20 aprile, 2005 
alle ore 10:13
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