Mario Giacomelli 25 novembre 2000 – 25 novembre 2004
Un vuoto incolmabile
Nato a Senigallia nel 1925 da una famiglia poverissima, a 13 anni Mario Giacomelli comincia a lavorare in una tipografia, affascinato dalle infinite possibilità di comporre parole e immagini offerte dalla stampa.
Nel 1954 acquista la sua prima macchina fotografica. Tra il 1954 e il 1957 partecipa a numerosi concorsi fotografici in Italia, entra nel gruppo “Misa”, guidato dal maestro Giuseppe Cavalli, importante figura di riferimento per i giovani fotografi marchigiani di quel periodo. “Misa” era il laboratorio privilegiato per arrivare al famoso gruppo “la Bussola”, nel quale Giacomelli entrerà nel 1956, condividendone l’idea fondante di fotografia come arte, libera dalle esigenze della cronaca documentaria.
Dopo aver completato la sua prima serie “Vita d’ospizio”, comincia un ciclo di nudi femminili e maschili che abbandona negli anni Sessanta. Alla ricerca di una sua identità narrativa, Giacomelli inizia a viaggiare, ma sono solo delle escursioni in altri mondi e in altri modi di vivere più che dei veri e propri viaggi, che lo riportano alla sua infanzia e alle sue condizioni sociali. Nella primavera del 1957 si reca a Scanno, in Abruzzo, terra che aveva affascinato anche Henri Cartier-Bresson, e qui produce immagini celebri come “il ragazzo di Scanno”. Negli anni Sessanta lavora al progetto “Non ho mani che mi accarezzino il volto”, noto come la serie “Pretini”, un gruppo di immagini realizzate nel seminario di Senigallia. John Szarkowski, all’epoca direttore del dipartimento di fotografia del Moma di New York acquista alcune immagini dalla serie “Scanno” e le pubblica nel volume Looking at Photographs: 100 Pictures from the collection of the Museum of Modern Art. Nel 1967 Giacomelli inizia uno studio sul legno. Dopo il grande successo ottenuto dai “Pretini”, esposti al Metropolitan Museum di New York e a Bruxelles, negli anni Settanta approfondisce la sua ricerca sulla natura, con i primi scatti aerei di paesaggi e un’incursione nel colore.
Dalla fine degli anni Settanta, caratterizzati da un sempre crescente legame tra fotografia, arte astratta e poesia, Giacomelli attraversa un periodo di analisi e approfondimento della propria attività artistica. Nascono così le serie “Caroline Branson” (1971-73), dall’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Master; “Il teatro della neve” (1984-86); “Ninna Nanna” (1985-87); “L’infinito” (1986-88); “A Silvia” (1987-88); “Felicità raggiunta, si cammina…” (1994-95), commento della poesia di Mario Luzi, fino ad arrivare al lavoro più recente, “La mia vita intera” (2000), commento alla poesia di Jorge Luis Borges. Dopo una lunga malattia, Mario Giacomelli muore a Senigallia quattro anni fa, nel novembre 2000.
LA MIA VITA INTERA di George Louis Borges
Qui un’altra volta, le labbra memorabili, unico e simile a voi.
Ho preservato nell’avvicinarmi alla felicità e all’intimità della pena.
Ho attraversato il mare.
Ho conosciuto molte terre; ho visto una donna e due o tre uomini.
Ho amato una ragazza altera e bianca e di una ispanica quiete.
Ho visto un sobborgo infinito dove si compie un’insaziata immortalità di tramonti. Ho assaporato numerose parole.
Credo profondamente che questo sia tutto e che non vedrò né eseguirò cose nuove.
Credo che le mie giornate e le mie notte eguaglino in povertà e in ricchezza quelle di Dio e quelle di tutti gli uomini
Jorge Luis Borges, da Sonetas de los Soneots de Mi Vida
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