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Il Piano Provinciale dell’attivita’ estrattiva

Le osservazioni del Gruppo Societa' e Ambiente di Senigallia


L’Associazione "Gruppo Società e Ambiente" ha presentato recentemente le sue osservazioni tecniche al Piano Provinciale dell’attività estrattiva nei limiti concessi dalla normativa, allo scopo di contribuire a migliorarne quanto possibile il contenuto. Questo non significa però la condivisione del metodo e degli obbiettivi del piano stesso, nei confronti dei quali dal punto di vista della tutela ambientale è lecito nutrire preoccupazioni e perplessità di varia natura. Innanzitutto resta incomprensibile il principio dell’autosufficienza produttiva di settore stabilito dalla direttiva regionale, un presupposto teorico e astratto che sembra concepito apposta per favorire gli imprenditori del settore, oltretutto dai risultati dubbi dal momento che la libertà di commercio permette di vendere dove e come si vuole. Non si capisce poi perché imporre questa autosufficienza ad una regione con un’elevata attività edilizia e quindi con un notevole consumo di materiale inerte, una regione caratterizzata da un ambiente montano di grande pregio e ancora molto abitato, mentre esistono sicuramente altre aree o regioni con maggiore disponibilità, anche per effetto di una minore richiesta determinata da una minore densità abitativa o da una minore attività edilizia, dove quindi l’impatto ambientale delle cave risulta molto minore. Se si osserva oltretutto la carta della Provincia di Ancona si nota che a fronte di una fascia costiera e collinare molto ampia in cui l’attività edilizia è purtroppo anche troppo intensa si pone un’area montana molto ristretta. Certamente il trasporto da altri luoghi ha costi maggiori, ma è giusto che la tutela dell’ambiente abbia il suo costo.
Il risultato di tutto questo è che, tenuto conto della caratteristiche geologiche del territorio e dei vincoli ambientali e paesaggistici esistenti, si è finito per assegnare una quantità di estrazione insostenibile (la quasi totalità del materiale estraibile) ad un territorio ristretto fra il Monte S. Angelo di Arcevia e il Monte Rotondo di Sassoferrato, un territorio abbastanza antropizzato, ricco di valori ambientali e storici e pressoché privo di viabilità adeguata. Restando così le cose, gli effetti dell’escavazione sul paesaggio e del passaggio giornaliero di un alto numero di veicoli sul territorio possono avere effetti devastanti. Per di più il Piano, invece di circoscrivere preventivamente l’attività estrattiva alle aree di minor impatto ambientale, contenendo così da subito anche le aspettative degli operatori del settore e di conseguenza le speculazioni sull’acquisto delle aree, ha indicato genericamente come potenziale area di scavo quasi tutta la superficie delle due asperità appenniniche, con l’effetto di muovere interessi e aspettative in grado di esercitare anche in seguito pressioni molto forti sugli organismi provinciali che dovranno rilasciare le licenze ai progetti presentati dai gruppi di imprese. Sarebbe stato molto più ragionevole valutare prima le possibilità estrattive della Provincia e della regione in relazione alle compatibilità ambientali, e stabilire poi i luoghi e le quantità. E questo vale anche per l’estrazione dei materiali ghiaiosi lungo il corso dei fiumi, ai cui effetti forse non si è prestata finora molta attenzione, forse perché meno appariscenti. Di conseguenza chiediamo in primo luogo un forte ridimensionamento delle quantità estraibili (i 450.000 mc. annui sono improponibili), tali che possano essere compatibili anche con la viabilità esistente e con il diritto di fruizione del territorio e delle sue risorse non solo da parte degli abitanti, ma anche di tutti coloro che amano la montagna e la natura e che costituiscono i soggetti potenziali dello sviluppo turistico, ricordando che i beni naturali non appartengono solo a coloro che vi risiedono vicino o al comune in cui ricadono, ma ad una comunità ben più ampia. In secondo luogo chiediamo una forte restrizione delle aree del piano e una loro precisa delimitazione, scegliendole sulla base di una severa valutazione di impatto ambientale, tale che non possa compromettere l’integrità dell’ambiente nel suo complesso, il paesaggio, la qualità della vita dei residenti e le possibilità di sviluppo legate al turismo e alla ricettività. Il minor introito che ne verrà alle Amministrazioni Comunali, che per questo motivo spesso si oppongono molto tiepidamente al saccheggio del territorio, sarà ampiamente compensato dalla conservazione del capitale costituito dal patrimonio ambientale.
dal Gruppo Societa’ Ambiente

Redazione Senigallia Notizie
Pubblicato Mercoledì 24 novembre, 2004 
alle ore 10:16
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