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Era una notte buia…(2)

Di Roberto Marconi


Oltre la porta-finestra della cucina, dopo dell’ampio balcone pavimentato con piastrelle rettangolari e color sabbia, al di là della ringhiera di metallo, si apre un elegante giardino interno e condominiale che sembra come abbracciato da un sobrio porticato romboidale. Il giardino è circondato da cespugli di piante sempreverdi e raccoglie, sul prato di trifoglio, alcuni imponenti alberi ad alto fusto: qui, sulla destra, c’è una enorme magnolia che spande la sua chioma quasi all’interno delle finestre poste ai primi piani e di certo impedisce qualsiasi visuale, se non l’intreccio dei suoi rami, a chi da esse volesse affacciarsi. Siamo in piena estate e i rari ma profumatissimi fiori bianchi fanno sentire lietamente la loro presenza. Più in là, ma alla mia sinistra, si erge, un’unica gracile e sbilenca betulla: sembra capitata qui per sbaglio…piccola tra i grandi, caduca tra i sempreverdi…ma forse, semplicemente, non ha trovato il suo habitat e il biancore del fusto e le sue tremule foglioline di un pallido verdino sembrano continuamente schermirsi e chiedere scusa di esserci. Oltre la sua incerta ombra si staglia maestoso un gigantesco cedro del Libano: quasi 14 metri di sviluppo verticale e non ha ancora 15 anni! Che dire…magnifico! E’ senz’altro il vanto di tutti noi condòmini infatti non di rado, durante queste ultime stagioni estive, secche quasi all’inverosimile, abbiamo fatto i turni per dare sufficiente acqua alla sua base erbosa che altrimenti, in pochi giorni, ingiallisce per inedia, soverchiata da chissà quante e quali portentose e sotterranee radici avide di vita.Alla sua destra, scostato di alcuni metri,quasi con sussiego, un elegante abete cresce snello e ritto come un fuso: rami ampi e simmetrici, radi e regolarmente distanziati tra di loro, e sta come un saltatore in alto che cerca la sua concentrazione accanto alla potenza ed imponenza di un decatleta. Anche lui è alto…probabilmente più dei 12 metri della palazzina, ma non ci tiene a darlo a vedere.Più oltre ci sono cespugli di oleandro, di pitosforo, di altro, ma forse restano invisibili sullo sfondo, perché anche a cercarli con lo sguardo non so vederli.
In inverno lo scenario sembra “quasi” uguale…la luce del giorno è ovviamente più fioca e i colori delle sempreverdi, specialmente il cedro, appaiono cupi: in realtà ciò dipende anche dal fatto che le infiorescenze estive, assai chiare, ora ovviamente mancano e le protuberanze dei rami in crescita, appunto perché ancora giovani, apparivano allora più di ora di colore delicato. La magnolia ammucchia montagne di foglie morte alla sua base e il lavoro del giardiniere, pur assiduo, non può rendere pulito il prato per più di due o tre giorni. La betulla appare nuda…pallida e secca come la mano di una vecchia e stanca signora, disadorna e ripiegata quasi su se stessa come se sapesse di non poter più pretendere l’impegno e l’attenzione di un qualche anello di luce, di un qualche affettato baciamano. L’abete resta là…in disparte e ritto come se la missione di raggiungere il cielo con un salto lungo una vita fosse l’unica sua ragione di esistere. Infine il porticato, che d’estate porta le voci chiassose dei giochi e dei bambini, ora resta silenzioso, riflessivo, quasi volesse solo fare da eco al freddo soffio di Bora che non di rado fruscia tra i rami e tra le frasche.
Oltre la strada, i palazzi a schiera e poi la ferrovia, un profondo suono, come un rullio di tamburi interrotto ritmicamente da un acuto di sirena, mi ricorda che ci sarà burrasca in mare e che le barche sono chiamate al porto dai marosi e dalle brume fredde dell’inverno.La spiaggia odora di mare: odora di lotta, di schiuma, di morte. Un cane corre senza freni verso il vento che punge i peli della barba del suo padrone: un richiamo, un fischio , un rametto scagliato lontano e via! Verso un altro breve spicchio di libertà.Ci sono tante cabine chiuse e allineate come soldatini: sembrano pronte per una nuova battaglia, un nuovo assalto che invece non ci sarà fino al prossimo giugno.Oltre esse solo strade deserte, case sbarrate alla salsedine e alla sabbia, alberghi fuori servizio e locali dismessi: un teatro chiuso ad una festa che si celebra solo al canto delle cicale.
di Roberto Marconi

Redazione Senigallia Notizie
Pubblicato Giovedì 9 settembre, 2004 
alle ore 14:23
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