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La gioia di essere nuovamente liberi

Sessant'anni fa l'ingresso in citta' delle truppe alleate guidate dalle staffette partigiane

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4 agosto 1944: Senigallia come un deserto. Si respira aria d’attesa, di grande attesa. Ognuno chiuso in uno dei tanti rifugi cittadini aspetta con ansia l’agognato arrivo delle truppe alleate. Nessuno in giro per le strade, nemmeno militari tedeschì o alleati. Una Senigallia dai tratti spettrali ed inquietanti perché avere contatti con altri concittadini è impossibile. Da luglio si è diffusa la notizia che gli alleati si accingono ad entrare nelle città occupate dai tedeschi, ma tutti si chiedono perché non arrivino a liberare anche noi. Si sta nelle cantine dei palazzi in centro, pressati nei cunicoli sotterranei della città, nelle campagne, dove un po’ di cibo per se’ e i propri familiari si riesce a procurare, nelle grotte, negli scantinati delle chiese e della scuola elementare Costanzo Ciano (l’attuale Pascoli). Non ci sono luce né rifornimenti ma la speranza tiene vivi gli animi.Le notizie trapelano segretamente, da quando, il 28 settembre 1943, ai muri della città venne appeso il manifesto tedesco che impediva l’ascolto di radio straniere nemiche, firmato tenente Langen. I brevi ritrovi davanti alla rivendita di auto e velocipedi Arturo Bonvini, la cui insegna campeggia ancora in via Battisti, per ascoltare i bollettini di guerra sono assolutamente vietati, pena la morte. Dopo una lunga sfilza di bombardamenti, attentati e requisizioni subiti, i senigalliesi hanno l’unico sogno di veder arrivare il prima possibile i salvatori e veder scomparire i tedeschi, dal 12 settembre 1943 impossessatisi ufficialmente della città. Il manifesto della liberazione è pronto già da fine luglio, quando l’avanzata di truppe alleate e soldati del Corpo italiano di Liberazione fecero presagire l’imminente svolta, ma solo oggi i muri ne vengono coperti. Ore 16, residenza municipale di piazza Roma: sulla torre civica campeggia la bandiera polacca. Gli alleati, assieme alla pattuglia della terza compagnia comandata dal tenente Marian Szustek, sono entrati in città. A breve anche la bandiera italiana, confezionata in grande segreto nei giorni precedenti la Liberazione da Enrico Grimaccioni, Alfio Castelli e Fernando Montesi, sventolerà sulla torre civica, accanto a quella polacca. Alla vigilia del 4 agosto Senigallia è priva di ponti e in preda a grandi difficolta’ di reperimento di cibo e medicine, soprattutto per i feriti ospitati all’ospedale, sito oltre il Misa, nella parte tedesca. I comandi tedeschi fuggono, facendo tabula rasa di tutte le vie di comunicazione terrestri e marine. 183 i morti per cause belliche a Senigallia durante il “passaggio del fronte”.Comando polacco (l’avanguardia) e inglesi arrivano da sud lungo la statale, mentre il Corpo italiano di Liberazione e brigata Majella li fiancheggiano sul lato monte. Nel frattempo i partigiani dei Gap (gruppi di azione patriottica) sabotano e disturbano tutto il territorio occupato. Gli alleati arrivano in città grazie all’aiuto di staffette e partigiani che, conoscendo bene le vie centrali, sanno indirizzare i liberatori. Non ci sono foto di gioia tra le vie della città. Le macchine fotografiche sono vietate dai tedeschi e ognuno, rinchiuso nel suo rifugio improvvisato, ha visto o sentito una sua versione della Liberazione.L’unica cosa uguale per tutti è stata la grande, intima gioia nel poter essere nuovamente liberi.
di Chiara Michelon

Pubblicato Martedì 3 agosto, 2004 
alle ore 10:55
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