Intervista al fotografo senigalliese che con il suo ‘Fabio’ ha conquistato Londra
Massaccesi: "Senza un’idea l’immagine è solamente la conseguenza di un processo dato da uno strumento"
Che Senigallia sia una città votata alla fotografia è cosa oramai risaputa. Sono in diversi i fotografi che hanno raccolto il testimone dei mostri sacri locali come il senigalliese di adozione Giuseppe Cavalli o Mario Giacomelli.
Nel panorama odierno sicuramente ad essersi ritagliato una spazio c’è Andrea Massaccesi. Il 28enne fotografo senigalliese attualmente si divide tra Senigallia e Milano dove lavora nell’ambito della fotografia di comunicazione e moda; è balzato agli onori della cronaca alla fine del 2013 grazie da uno scatto che ritrae un escursionista in montagna in compagnia di una pecorella che gli fa capolino dallo zaino.
La foto, esposta alla National Portrait Gallery, è stata tra le finaliste nella categoria under 30 al concorso fotografico indetto dalla prestigiosa galleria londinese. Non solo: lo scatto è stato scelto dagli organizzatori per la campagna di comunicazione della mostra.
Partiamo dall’inizio: come ti sei avvicinato alla fotografia?
Diciamo che sin da bambino smanettavo parecchio con le fotocamere di mio Babbo. La cosa però ha cominciato ad assumere maggiore coscienza durante gli anni universitari. Ho studiato Grafica editoriale e, seguendo i primi corsi di fotografia, ho piano piano approfondito sempre di più la materia in base ai miei interessi.
Qual è il tuo percorso di fotografo? Sei un autodidatta o hai avuto una preparazione accademica?Chi sono i tuoi autori più apprezzati?
Ho assolutamente studiato. Oggigiorno lo ritengo un passo fondamentale per avere il giusto approccio. I tempi del lavoro di bottega dal fotografo sono finiti, mentre la tecnica, con la confusione creata dal digitale, la si può acquisire tranquillamente sfogliando un paio di Tutorial su You Tube. Quello che credo faccia la differenza è lo studio del linguaggio; e come ogni linguaggio per imparare a leggerlo e scriverlo bisogna prima studiarlo.
Gli autori che apprezzo… sono veramente troppi. Sicuramente tra i Primi Martin Parr e ogni tipo di professionista che, al di là del genere fotografico approcciato, manifesti in maniera anche esagerata la sua presenza e la sua personalità sullo scatto.
Come è nato lo scatto fotografico che è ora esposto alla National Portrait Gallery? Raccontaci che storia c’è dietro.
Lo scatto di “Fabio” è stato realizzato in Vallemaggia, nell’alto Canton Ticino. Sono salito in montagna con un mio caro amico Designer che mi ha commissionato un progetto di ritratto per una ricerca che stava facendo sulla comunità montana della valle. Per 10 giorni abbiamo intervistato e fotografato alcuni personaggi veramente pittoreschi. Fabio, nello specifico, quando era ragazzo faceva il pastore e praticava occasionalmente dei mini contrabbandi di caprette tra la Svizzera e l’Italia perché non avevano i soldi per poter pagare le vaccinazioni. L’immagine è una ricostruzione allegorica di quei fatti.
Qualcuno ha detto ‘La grande foto è l’immagine di un’idea’: sei d’accordo? Cos’è per te che rende uno scatto fotografico… ‘bello’?
Assolutamente. Senza un’idea o una scelta a priori, l’immagine è solamente la conseguenza di un processo meccanico o elettronico dato da uno strumento.
Dopo questo riconoscimento: quali sono i tuoi prossimi traguardi?
Sto lavorando su un progetto personale in Calabria e sull’editing di un libro personale. Per il resto continuo a fare il grafico e fotografo su progetti commerciali. C’è bisogno anche di quello!!
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